LaTurchia attuale e' il prodotto di una serie di ribellioni, rivoluzioni e
riforme tese a costruire un moderno Stato europeo. La storia la unisce al nostro
continente, ma questo non rende certo pi facili i negoziati di oggi.
In seguito all'apertura commerciale e al
processo di modernizzazione il Governo di Pechino ora si vede lottare contro
ideali democratici provenienti dall'interno e dall'esterno del paese.
Energia
Stiamo entrando nella seconda metà
dell'era del petrolio, che sarà caratterizzata dal declino degli
approvvigionamenti. Potrebbe essere la fine dell'economia come la conosciamo
oggi ma fare previsioni è impossibile, perchè sarà la prima volta che
una risorsa cruciale esaurirà .
Il 2005 sembrerebbe l’anno di Tony Blair: dopo aver conquistato i cittadini inglesi, il premier punta al consenso europeo. Il richiamo al rinnovamento che ha caratterizzato l'esordio di Blair a Bruxelles e le ferme posizioni assunte nel dibattito per il bilancio Ue 2007-2013, in questi giorni hanno suscitato molti più entusiasmi che scetticismi. La sua visione europea incentrata su un nuovo modello sociale ed una economia strutturalmente basata sulla ricerca e lo sviluppo oggi trova riscontro anche in dati indiretti, riguardanti il suo Paese. L’impegno della Gran Bretagna a garantire, stabilità economica, un mercato del lavoro flessibile, trasparenza, libero mercato e attenzione alla tecnologia, secondo l'Uk Trade end Investment - agenzia governativa inglese -, ha contribuito a rendere il Paese una destinazione sempre più attraente per gli investimenti stranieri.
Nell’anno fiscale che si è concluso a marzo si conta che i progetti di investimento sono saliti a quota 1.066, un aumento del 31% rispetto all’anno precedente che hanno contribuito a creare oltre 39mila nuovi posti di lavoro. In particolare sono aumentati i progetti nel comparto dell’International Technology e del software (+61%), nel biotech e nel settore farmaceutico (+38%), nella ricerca e sviluppo (+22 per cento).
Il successo è indiscutibile, questa è la prova che un modello economico di libero mercato basato sui servizi e sull’innovazione può competere e risultare innocuo alle esportazioni cinesi. Alla Gran Bretagna, che quest’anno prevede un tasso di crescita intorno al 2,5%, non occorrono barriere commerciali.
Da oggi gli economisti devono studiare la fisica di base. Questo si augurano Jean-Phillippe Bouchaud e Mezard, econophysicists francesi, che credono che la distribuzione della ricchezza non sia regolata in base ad un comportamento umano, ma ad una legge della natura (leggi qui). Che la fisica applicata ad oggetti possa essere correlata ai movimenti monetari all’interno di una società non può essere solo un’utopia lo conferma una recente pubblicazione della Federal Reserve Bank of Cleveland (disponibile in pdf) in cui si sostiene che la seconda legge della Termodinamica svolge un ruolo determinante nel descrivere le relazioni presenti nei mercati finanziari.
Per la maggior parte degli studiosi, la seconda legge della termodinamicapuò essere facilmente rapportata ad altre discipline, si tratta di una questione di intuitività. Per esempio, la regola spiega la ragione per la quale la vostra tazza calda di caffè esposta alla temperatura ambiente si raffreddi. Si può limitare la perdita di calore mettendo il vostro caffè in una tazza isolata, che ostacola il relativo scarico di energia, ma il risultato finale è sempre lo stesso, esso si raffredderà fino a raggiungere la temperatura ambiente.
I fautori del rapporto usano l'analogia delle leggi della termodinamica come congiuntura per molti argomenti, anche attuali. Il resoconto, infatti, paragona la reazione al ribasso nei mercato del cambio euro–dollaro ad uno “scarico energetico” descritto dalla seconda regola in questione, provocato dal rifiutato francese e olandese alla carta costituzionale europea. Vi sono riportati anche altri casi che studiano il comportamento delle industrie e il recente flop nel mercato automobilistico.
Ma in alcuni punti politico-economici anche la scienza trova le sue divergenze. Le forze termodinamiche stanno funzionando e si stanno potenzialmente trasformando in energia anche per i renminbi cinesi. Alcuni osservatori del mercato sono convinti che la moneta cinese sia notevolmente sottovalutata e che una volta liberalizzato il cambio, si assisterà ad un suo rapido apprezzamento. Altri, invece, fanno notare che mettere a fuoco solo il problema del cambio monetario sia un errore. La termodinamica del rapporto economico fra la Cina e gli Stati Uniti coinvolge molto più del solo tasso, dollaro/renminbi. Anche se gli Stati Uniti e l’Europa possono essere definite economie mature rispetto a quelle orientali non bisogna sottovalutare le potenzialità della Cina. La vaschetta calda di riso al cherry, probabilmente, impiegherà molto tempo a raffreddarsi.
L’Unione Europea oggi non è molto popolare e spiegarne il perché non è facile. Come idea generale, l’integrazione europea è ancora condivisa, ma la routine economica dovuta dalla convivenza non è particolarmente apprezzata dai cittadini e dai capi di stato: sono molti i paesi dove non esiste uno spirito unitario soprattutto quando si parla di soldi, quando si tratta di formare un bilancio comunitario.
La presenza di egoismi nelle discussioni odierne, testimone di un possibile ritorno alle nazioni, rappresenta un ostacolo al benessere sociale che può essere raggiunto solamente attuando politiche veramente comunitarie incentrate su un sistema gerarchico delle priorità che non tenga conto di confini e poteri dei singoli stati membri, ma intervenga legittimamente nelle necessità per lo sviluppo sociale, politico ed economico dell’Unione Europea.
Il precario contesto economico conseguenza di una organizzazione strutturale mal coordinata e il deficit democratico affiancato da un elevato grado burocratico perseguito da Bruxelles, costituiscono le principali motivazioni della nascita di questo sentimento che ora trova le propria legittimazione attraverso un altro argomento, la mal gestione dei vecchi fondi, il bilancio comunitario 2000-2007.
Le incredibili utilizzazioni dei fondi Ue sono gli argomenti preferiti dei giornali di questo mese. La settimana scorsa il quotidiano tedesco Bild ha accusato l’Ue di aver finanziato in Portogallo un nuovo campo da golf in una zona con già 22 impianti, in Danimarca la produzione del formaggio denominato feta tipico greco , in Spagna la costruzione di un aeroporto inutilizzato. L’ex commissario per l’Agricoltura, l’austriaco Franz Fischler, ha confermato che la regina Elisabetta d’Inghilterra e la sua famiglia, proprietari di latifondi, risultano tra i principali beneficiari dei fondi Ue per l’agricoltura. Sugli aiuti umanitari e sui costi delle campagne informative o degli eurosondaggi se ne sentono di tutti i colori.
Tra le assurdità, più recenti, spiccano il trasferimento mensile dell’intero Europarlamento da Bruxelles a Strasburgo, che provoca una spesa stimata intorno ai 250 milioni di euro annui e gli «stipendi d’oro» e i privilegi degli euroburocrati e degli eurodeputati dove come al solito il primato di spesa spetta agli italiani.
Detto questo e confrontandolo con la determinazione del premier inglese Tony Blair che ha promesso: «Un bilancio contenuto al massimo, ma ben speso» posso solamente allearmi con il suo pensiero e augurargli "buon lavoro".
"Speculazione - caro petrolio". Il giusto connubio
Il petrolio continua a rappresentare un rischio per la crescita mondiale. La decisione dell’Opec di aumentare le quote di produzione non ha allentato la tensione sui mercati del petrolio, favorita in particolare dalle preoccupazioni per la crescita della domanda in base ad un’offerta fondata già su una sovrapproduzione.
L’attenzione degli esperti ed operatori è tutta incentrata sul lato della domanda che all’apparenza trova le ragioni di tali quotazioni verso oriente. Le tigri asiatiche hanno sete di energia e le continue offerte della Cina per acquisire la società petrolifera Unocal dimostrano la linearità della teoria. Ma a ben guardare questi conti qualcosa non torna. In questi ultimi cinque mesi le importazioni del greggio da parte della Cina hanno registrato una diminuzione dell’1,2% su base annua e le scorte di greggio Statunitensi sono aumentate del 6,4% nel primo trimestre del 2005. A spiegare questa situazione divergente e priva di ragione tra prezzi crescenti e indebolimento della domanda sarebbe l’esistenza si un forte numero di speculatori che dominano il mercato. L’esistenza di opportunismo nei mercati rende irrisorio l’operato e l’esistenza dell’Opec garante della stabilità. E' questa la sintesi del rapporto mensile pubblicato dal Cges, Centre for Global Energy Studies che discredita l’operato dell’authority:
"Opec has lost credibility as a guarantor of stable oil prices and its claims that it is doing all it can to ease oil prices are starting to sound rather hollow…… Opec members seem comfortable in testing the limits to which they can push oil prices without triggering a reaction from consumers,"
La speculazione, comunque, resterà la probabile protagonista anche in questa settimana considerando il risultato delle elezioni iraniane favorevoli al conservatore Mahmoud Ahmadinejad, che ha dichiarato di voler revisionare i contratti con le società petrolifere presenti in Iran.
Secondo uno studio dell’International Organization for Migration, i lavoratori migranti possono portare molti benefici, sia al paese di provenienza sia a quello destinatario.
L'organizzazione internazionale ha presentato oggi un rapportoche tende ad interpretare i cambiamenti migratori nel 21° secolo considerando i costi, i benefici e gli svantaggi d’espansione globale. Lo studio suddiviso per continenti e regioni, considera eccessive le preoccupazioni percepite dai vari Paesi circa gli effetti negativi delle transizioni demografiche che comportano miseri oneri sociali riguardati il lavoro e all’assistenza.
"We are living in an increasingly globalised world that can no longer depend on domestic labour markets alone. This is a reality that has to be managed,…….If managed properly, migration can bring more benefits than costs."
ha dichiarato, Brunson McKinley, presidente dell’organizzazione che sostiene la sua tesi considerando d’esempio il comportamento della Gran Bretagna, che secondo il rapporto trae guadagnato dai flussi migratori:
“...British report showing that, between 1999 and 2000, migrants in the UK contributed $4bn (£2.1bn) more in taxes than they received in benefits.”
I migranti oltre ad aumentare il Pil nel settore primario dei paesi che li ospitano, offrendo la possibilità di ricoprire molti posti privi d’offerta nel mercato del lavoro, danno un contributo significativo alle economie dei Paesi d’origine attraverso movimenti di cassa che a volte eccedono i fondi e i prestiti di organizzazioni d’aiuto per lo sviluppo.
Lo studio sembrerebbe essere la tempestiva risposta "all'idraulico polacco", divenuto ormai simbolo delle perplessità di molti cittadini europei alle prospettive di allargamento dell'Unione Europea. Secondo la Iom, l'Europa dei 15 necessita di politiche rivolte alla migrazione “pro-active” entro il 2010; data in cui si prevede il culmine dell’invecchiamento demografico dell’attuale popolazione.
Il petrolio, è di nuovo sotto gli occhi di tutti e si appresta ha ricevere soprattutto in questa settimana, l'attenzione di operatori, società e organi istituzionali. Le quotazioni per il settore Oil e Gas, che raggiunge i 376 punti nel mercato europeo e il prezzo di circa 60$ a Wall Street, sembrerebbe continuare a salire.
Il quadro tecnico ovviamente consolida i trend previsti al rialzo, sia nel medio sia nel lungo periodo, e porterà nei prossimi giorni ad un test del mercato, necessario per attribuire alla fluttuazione il relativo peso, confermando o meno le preoccupazioni che si stanno diffondendo nelle economie mondiali.
Il problema riguarda anche la gallonante economia cinese e a dimostrarlo è l’allarme utili, proveniente dalla sua industria automobilistica. Nei primi quattro mesi del 2005 i profitti del settore hanno raggiunto gli 1,5 miliardi di dollari, il 57% in meno rispetto allo stesso periodo del 2004, a causa dell'aumento degli sconti e dei costi dei materiali grezzi: gomma, materiali plastiche, acciaio e indirettamente il carburante. In Cina l’auto è ancora un bene per pochi consumatori. Ha penalizzare il mercato è il basso potere d’acquisto della popolazione e l’elevato costo di combustibili, conseguenza della politica di uno Yuan super-svalutato, che rende svantaggioso acquistare materie prime dall’estero.
Quest’analisi, se confermata, avrà una conseguenza immediata sul livello dei prezzi e successivamente sulle decisioni di politica economica di vari paesi. Grennspan che da tempo riflette su una variazione del saggio di interesse per contrastare la bolla immobiliare presente in alcuni paesi degli States, sarà quindi costretto a concedere un rialzo dello strumento di un quarto di punto percentuale nella riunione della Fed che presidierà il 29 – 30 giugno. Dall’altra parte dell’atlantico la vicenda consegnerà un ulteriore grattacapo alla Bce che, oltre a gestire un insieme di Paesi con economie divergenti, dovrà combattere l’inflazione senza contare su una variazione dei tassi che molti ritengono gia elevati.
Mentre l’Opec, attraverso la conferenza di Vienna, cerca di direzionare i riflettori sull’ottimismo, promettendo un aumento dell’offerta da 27,5 milioni di barili al giorno a 28 milioni, gli esperti attribuiscono diverse origini alla crisi. Nel Business Week on-line della casa editrice McGraw-Hill, Stanley Reed accusa principalmente l’eccessiva e costante preoccupazione presente nei mercati originata dall’altalenante situazione presente nei paesi produttori, mentre in un’intervistaper Il sole 24 ore, il direttore esecutivo del Centre for Global Energy Studies, Fadhil Chalabi, punta il dito contro l’Opec e attribuisce la causa dell’aumento dei prezzi alla scarsa qualità del petrolio estratto:
“….in verità l’Opec ha fatto davvero poco. Grazie al caro-barile i loro bilanci si sono gonfiati. Eppure hanno destinato agli investimenti per migliorare la capacità produttiva solo una piccola parte di tali entrate. E il risultato è sotto gli occhi di tutti”.
A mio modo di vedere, l’unica cura per ridurre il prezzo del greggio sembrerebbe quella di abbattere il suo monopolio. Investendo e diversificando la produzione energetica e applicando al settore le regole di costruzione di un portafoglio finanziario, oltre alla possibilità di gestire il rischio, si può essere in grado addirittura di minimizzarlo.
Greenspan simbolo di credibilità. Tra i molteplici dati che hanno composto lo scenario economico statunitense l'attenzione degli investitori era rivolta alla pubblicazione relativa ai flussi di capitali da e verso gli Stati Uniti registrati in aprile. Il dato ha evidenziato un leggero miglioramento rispetto al mese precedente, ma, con amara sorpresa è risultato pari a 47,5 miliardi, pesantemente peggiore dell'attesa. Le aspettative erano, difatti, per un ritorno dei flussi verso i 70 miliardi di dollari, un dato che da qualche anno consente all'economia americana di finanziare in gran misura il deficit commerciale, attualmente testato sui 58 miliardi. Tale esito dimostra che i cittadini americani cominciano a diversificare i loro portafogli investendo anche all'estero, conseguenza di una minore propensione al rischio investimento interno. Scorporando il dato nelle sue parti si evidenzia soprattutto un calo dei flussi di capitali privati, a dimostrazione di una certa avversione al rischio in una fase incerta di mercato dove ancora il futuro non è trasparente. L'orientamento del mercato favorevole al dollaro non è stato confermato dai dati usciti nel corso della settimana, in particolare dall'inatteso calo delle vendite al dettaglio nel mese di maggio e alla contrazione dei prezzi alla produzione. L'ascendente trend, che da qualche settimana sta supportando il biglietto verde, ha preso il via dalle dichiarazioni pronunciate la scorsa settimana da Alan Greenspan che ha confermato l'attuale politica di graduale rialzo dei tassi Usa precisando che l'attuale inversione della curva dei tassi, con l'anomalo basso livello dei tassi di interesse a lungo termine, può essere attribuita a cambiamenti strutturali e non significa necessariamente che il mercato sta scontando una futura recessione.
Nella stessa direzione si sono mossi i commenti del presidente della Fed di St Louis, William Poole, che ha spiegato che il basso livello dell'inflazione lascia alle autorità spazio di manovra per un uso più aggressivo della politica monetaria. Nel corso dell'ultimo anno la Fed ha alzato il costo del denaro per ben otto volte portando i tassi ufficiali del dollaro al 3% e un ulteriore ritocco di 25 punti base è previsto per fine giugno. Alla luce delle ultime statistiche economiche il dibattito, all'interno del prossimo Fomc del 30 giugno, si preannuncia alquanto animato. Al momento, dando per scontato un ulteriore rialzo di 25bps in occasione dell'incontro di giugno, l'attenzione si focalizza soprattutto sull'eventuale prosecuzione o meno della fase di rialzo dei tassi nel corso dei prossimi mesi. In ogni caso il Fomc di agosto rimane aperto ad ogni decisione e in ogni caso per il 9 agosto la Fed potrà usufruire di tutti i dati del secondo trimestre, in modo da poter operare una scelta più accurata.
C'è chi mira al futuro e chi è prigioniero del passato. Per contro i tassi dell'euro restano ancorati al 2% e l'andamento debole dell'economia non lascia intravedere spazi di risalita. Allo stato attuale, permangono tutte le premesse affinché il dollaro rimanga il preferito dagli investitori internazionali. Analizzando la questione dalla parte dell'euro le cause della debolezza che lo accompagna oramai da alcuni mesi vanno principalmente ricercate nei problemi legati alla ratifica della Costituzione, così come al futuro dell'Unione allargata in campo economico e l'eccessiva burocratizzazione delle istituzioni europee. Chiaramente se alla caduta del cambio Eur/usd non dovesse corrispondere un aumento del deficit Usa, è probabile che tale processo continui nel tempo per la necessità del Vecchio Continente di svalutare in modo competitivo senza però provocare scossoni ai prezzi, pertanto sarà una discesa lenta e costante. Da un punto di vista macroeconomico e di flussi traspare che non sono ancora maturi i tempi per comprare euro in quanto la sfiducia degli investitori legata alle prospettive economiche e politiche dell'Unione sembrano peggiorare di giorno in giorno. Non si deve dimenticare che in questo momento è in atto una discussione importante per il futuro della Ue, ossia l'approvazione del bilancio revisionale del periodo 2007-2013. Nonostante il vertice del 16 giugno abbia accentuato le divergenze tra gli schierati, dovranno essere stabilite le quote che ogni paese dovrà versare per andare a formare il bilancio comunitario. Lo scontro a cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni, come sottolinea il ministro degli esteri Inglese, Jack Straw, ha due soggetti: chi mira al futuro e chi è prigioniero del passato. Chirac, di certo, non può attribuire il termine egoista a chi vuole tagliare dei fondi destinati al protezionismo delle campagne francesi per finanziare l'innovazione e la ricerca. Ma queste argomentazioni sono già state eloquentemente approfondite da Harry e Jimmomo.
Nasce il commercio del "fumo": un mercato anomalo dove chi vi partecipa è costretto a vendere e a comprare, ossessionato dal mettere la mano nel portafoglio. Come tutti i mercati anche questo è regolato dalla domanda e l'offerta ed ha per oggetto lo scambio dei diritti di emissione, ovvero diritti a immettere nell'atmosfera tonnellate di anidride carbonica (Co2). Funziona così: gli operatori, cioè le industrie che inquinano di più, ricevono un certo numero di carte (quote), ciascuna corrisponde a una tonnellata di Co2. Passato un anno, si indaga sulla quantità di emissioni. Nel caso in cui queste siano superiori alle carte possedute l'impresa rimedia comprandone altre, se si inquina di meno si possono vendere le quote o tenerle per il successivo anno. Da gennaio per oltre 12 mila aziende dell'Unione europea è obbligatorio frequentare questo mercato. Ad oggi costa 20 euro circa il diritto a scaricare nell'atmosfera una tonnellata di anidride carbonica, un prezzo che si attesta triplo rispetto a quello di un anno fa. Il vero boom, tuttavia, deve ancora arrivare. Fino ad oggi infatti, hanno compiuto operazioni di trading soltanto una ottantina di imprese e solo ora iniziano a reagire gli altri mercati come quello dei contratti spot, forward e futures, che potranno essere perfettamente coinvolti in questo scambio.
Il sistema di scambi europeo, lo European Union Emission Trading Scheme (Eu-Ets) è appena nato. E soltanto sette Paesi (Danimarca, Finlandia, Francia, Germania,Olanda, Regno Unito, Svezia) hanno finora aderito e istituito il registro elettronico delle emissioni. Anche i mercati regolamentati, finora tre, si moltiplicheranno ed evolveranno: la prima borsa nata in materia e la Nord Pool, segue l'European Climate Exchange e la tedesca European Energy Exchange.
Molte società di consulenza energetica tra cui la Point Carbon, sono scettiche sulle potenzialità del sistema e sulle politiche di Bruxelles, ancorate sul protocollo Kyoto. Esse fanno notare che le quantità di emissioni di Co2 dipendono da una serie di fattori molto diversi tra loro: il ritmo della crescita economica, i prezzi dei combustibili e addirittura le condizioni meteorologiche. Di fatti, Il molto freddo o il molto caldo comporta l'utilizzo di più energia, necessaria per il processo produttivo o per ventilare le fabbriche.
"Speriamo che la politica del rinvio delle non decisioni, venga meno perchè l'ottimismo verrebbe molto ridimensionato". La dichiarazione di Montezemolo rappresenta una pesante critica al governo giustificata dalla decisione di rinviare il taglio dell'Irap, accantonando la proposta fino il 2006.
Se il presidente di Confindustria non ha perso del tutto la fiducia a riguardo delle politiche della maggioranza, caligs ha ridimensionato e azzerato tutte le aspettative sulla capacità manageriale dell'attuale amministrazione. L'approccio restrittivo nella pressione tributaria proposto lo scorso anno dal Presidente del Consiglio e l'aumento di circa il 5% delle retribuzioni nella pubblica amministrazione, lo dimostrano e rappresentano una politica divergente nei confronti delle reali necessità del paese. Non sono certo contro la riduzione delle tasse ma sono concorde con la politica di Blair che ci ha dimostrato che ciò va fatto quando l'economia gira. Diminuire la entrate e aumentare le uscite peggiora il saldo dei conti pubblici, lo sanno benissimo, ma tutto sembra giustificato. Da una parte c'è da onorare il contratto con gli italiani e dall'altra da tenere a bada i sindacati e la maggior parte dei cittadini da loro plagiati.
Di certo, se il governo avesse adottato in passato il buon senso, oggi avremo assistito all'eliminazione di una tassa iniqua, pro-competitività, finanziata da pochi euro di tributi in più in bustapaga e dalla costanza delle retribuzioni dell'inefficiente burocrazia. I fondi per ridurre progressivamente l'Irap, tra 2006 e il 2008, che si rimedieranno attraverso la lotta all'evasione, si ipotizza 3,5 miliardi di euro, e dall'abbattimento della spesa pubblica, altri 3,5 miliardi, ce li saremmo potuti risparmiare e l'industria avrebbe avuto un alibi di meno.
Ora è il momento di fare i conti con la credibilità di questa amministrazione.
Il nucleare tra l'era del petrolio e quella dell'idrogeno
Le centrali nucleari se non costruite su larga scala costituiscono la fonte energetica industriale più costosa. Il suo onere va dai 47 ai 71 dollari per mille chilowattora prodotti, contro i 33 – 41 dollari del carbone e i 35 – 45 dollari del turbogas a ciclo combinato. La dichiarazione è dell’Università di Chicago, che oltre a condurre questo studio per conto del Department of Energy (DoE), rappresenta una delle principali basi di ricerca e sviluppo in materia energetica sul quale il ministero può far leva.
I ricercatori hanno realizzato il rapporto sintetizzando il peso dei fattori che influenzano la fattibilità economica relativa alla realizzazione di nuovi impianti nucleari tra cui: la costruzione, le nuove tecnologie nucleari, il problema delle scorie radioattive, la definizione della politica nucleare e di un sistema di regolazione in merito, la sicurezza nazionale, la questione ambientale e il peso dei costi attraverso la transazione verso un’economia all’idrogeno. A pesare sui costi di costruzione di una centrale nucleare in considerazione del ciclo di vita del progetto sono i piani di dismissione e le spese di stoccaggio delle scorie che variano da 3,50 a 5,50 dollari per ogni megewattora prodotti, pari a circa 5 – 12% del prezzo della generazione di energia nucleare. In ogni caso c’è da sottolineare che i costi, come si può immaginare, scendono man mano vengono costruite altre centrali atomiche. Le prospettive di lungo periodo che vedono l’aumento del prezzo dell’elettricità prodotta con combustibili, come gas e petrolio, influenzati dalla sempre più enorme domanda relazionata all’offerta e i sovraccosti che si raggiungeranno con l’applicazione del protocollo di Kyoto, sembrano dar ragione al programma, by G. W. Bush, GeNuclear Power 2010, una joint venture tra stato e industria del settore per identificare luoghi adatti dove realizzare centrali nucleari, sviluppare nuove tecnologie, valutare i costi di costruzione di nuovi impianti nucleari e la fattibilità degli iter regolatori.
Il nucleare costituisce una risposta realistica alla fine del paradigma del petrolio. Si devono accantonare, quindi, i progetti e le prospettive di chi vede e aspetta l’arrivo dell’idrogeno nel settore. Il fisico americano David Goodstein, prorettore al California Institute of Technology, autore del libro “Il mondo in riserva”, edito da Egea , spiega:
"Il petrolio è destinato a finire, anche se non è ancora possibile dire quando. La teoria del “picco di Hubbert” ci ha insegnato che la crisi scoppierà non quando avremo estratto l’ultima goccia di petrolio, ma quando inizierà a diminuire il ritmo di estrazione: cioè quando avremo usato circa la metà del petrolio disponibile in natura. Questo momento è molto vicino. E sarebbe inutile e pericoloso insistere sui combustibili fossili."
La produzione di energia attraverso l’idrogeno è considerata la migliore fonte di energia per il futuro. I problemi tecnici che hanno finora impedito il suo uso intensivo potranno essere un giorno risolti, ma probabilmente non in tempo per salvarci dalla china che ci attende una volta passato il picco di Hubbert. Bisogna di conseguenza sottolineare che la tecnologia nucleare deve rappresentarsi come un elemento di passaggio tra il petrolio e l’idrogeno. Questo per evitare che in un futuro la risorsa uranio, materia prima per il processo produttivo di energia nucleare che conta un numero limitato di giacimenti, non prenda la strada intrapresa oggi a Wall-Street dal greggio.
Ma chi è Stefano Ricucci? E’ un prestanome o un vero capitalista? “Sono il figlio di un autista dell’Atac che dai 14 anni lavora senza l’aiuto di nessuno”. Questo afferma l’uomo che ha dato il via all’assalto alla Rcs, il quale sindacato ha scavato la sua trincea per difendersi dall’assedio.
Nonostante le agenzie e i media abbiano impiegato risorse per la questione, ne la sua provenienza ne quella degli enormi mezzi su cui può puntare sono venuti alla luce. Eppure per qualcuno Ricucci gode evidentemente di fama mondiale. Non si spiegherebbe altrimenti come mai colossi del calibro di Deutsche Bank e SocGen non abbiano avuto esitazioni a mettergli a disposizione linee di credito miliardarie: 1 miliardo tondo la prima, 800 milioni la seconda. Il finanziamento concesso da Deutsche Bank di Londra è della stessa entità di quelli concessi a investitori internazionali come gli hedge fund che lavorano utilizzando la leva del debito. Riccuci, che non ha certo le credenziali di un investitore istituzionale appare così più una pedina, non è affatto facile giustificare gli eventi senza cadere nel legittimo dubbio. E’ vero che le garanzie possono essere incamerate ad arbitrio dalla banca ma di certo gli enormi afflussi che oggi si collocano nei conti dell’immobiliarista romano ci fanno pensare ad un avvallate; qualcuno che vanta veramente delle garanzie messe a disposizione per un fine ben preciso. Per L’opinione la versione più realistica è rappresentata dalla presenza di una regia e di più finanziatori.
L'astensionismo da mare, vince e raggiunge il Quorum
Per chi come me credeva nella potenzialità e nelle sorti di questo referendum, si può solo associare all’amarezza di JimMomo. In questo referendum non ha perso la corrente del “Si” e non ha vinto quella dell’astensionismo ma aldilà delle previsioni di entrambe gli schieramenti ha prevalso la superficialità, il menefreghismo. Considerando l’età media della popolazione, la sua densità distributiva e il grado di influenza della Chiesa correlata con i primi due elementi, non potevo certo essere fiducioso nel raggiungimento del quorum ma di certo la percentuale di non votanti, quelli a cui nulla importa, rappresenta l’immagine, del tutto democratica, di un paese che scava per raggiungere punti sempre più bassi. Volontà correlata con la mia voglia di emigrare.
Per rimediare a questo tipo di astensionismo basterebbe eliminare il quorum: chi non va a votare praticamente delega alla decisione altrui le proprie scelte. Qualsiasi risultato esce dalle urne di un referendum rappresenterebbe l'opinione prevalente tra i cittadini.
Bruxelles mostra il guantone. L'italia è il sacco.
La Commissione di Bruxelles è risultata irremovibile. L'istituzione presieduta da Barroso ha dunque optato per la soluzione più drastica approvando la proposta di procedura d'inflazione contro l'Italia per deficit eccessivo presentata da Joaquim Almunia, commissario agli Affari economici.
Il ruolo da mediatore interpretato da Siniscalco non è stato efficace per raggiungere una soluzione ad unanimità, condivisa. Le divergenze trattano l'interpretazione di dati di bilancio e non il valore dei numeri tecnici, per questo il ministro dell'economia aveva invitato la commissione a prendersi qualche giorno di riflessione. Bruxelles, quindi, usa il pugno di ferro come se volesse confermare il suo autoritarismo che in Europa non è cambiato nulla.
Comunque la procedura non scatterà immediatamente poiché si deve prima considerare l'opinione tecnica del Comitato economico e finanziario (cef) e poi l'avvallo finale dell'Ecofin del 12 luglio. In quella sede la valutazione si trasformerà da tecnica in politica. Siniscalco ha quindi qualche settimana per dimostrare i buoni motivi per essere perdonati. Il ministro ha annunciato il suo tour di autodifesa e le sue armi:
"Con il rapporto della Commissione inizia oggi la discussione: già ieri abbiamo presentato la lettera che menziona quali sono, secondo noi, gli altri fattori rilevanti e venerdì presenteremo il primo memorandum con le nostre controdeduzioni rispetto a quel rapporto"
La strada verso il dialogo e il ragionamento sembrerebbe favorevole all'Italia considerando l'inizio imminente della presidenza britannica. L'Ecofin del 12 luglio sarà presieduto dal Cancelliere dello Scacchiere Gordon Brow che di certo, non ha la fama di essere un euroentusiasta. Per un economista che in questi anni ha utilizzato il disavanzo come trampolino di lancio dell’economia inglese, risulta difficile condividere i vincoli di Maastricht.
Il titolo è puramente ironico, necessario per descrivere l'errato ruolo di intermediazione impersonato soprattutto da banche e assicurazioni; veste con il quale si è contribuito al rallentamento economico.
Negli ultimi anni, caratterizzati dalla stagnazione dell'economia produttiva, i patrimoni italiani sono cresciuti all'incirca del 5% annuo. Una parte di questo surplus è determinata dalla crescita di valore degli immobili, ma il grosso deriva dall'accumulazione di risparmio, che è cresciuta a un ritmo ancora più sostenuto. I Titoli di Stato, i depositi e le polizze assicurative in possesso degli italiani sono passati dai 2mila e 500miliardi di euro del1999 ai 3mila del 2004. In sostanza si è verificato un fenomeno caratterizzato dalla crescita dei redditi, pur in presenza di una limitatissima crescita della produzione, che però non si trasferiscono in consumi, ma in risparmio.
Si tratta di comprendere dov'è la strettoia che impedisce che la maggiore ricchezza affluisca sotto forma di investimento ai settori produttivi, dell'industria e dei servizi, in modo da finanziare la ripresa dell'economia. Molto, dipende dall'attitudine degli intermediari finanziari, banche e assicurazioni in primis, che richiedono un elevato grado di garanzia e che non sono in grado di selezionare le imprese da finanziare in base alla validità e alla qualità innovativa dei loro progetti. Di certo non è solo colpa loro, anche a voler sostenere imprese innovative, si fa una grande fatica a trovarne. Di certo dopo un 2004 d'oro che vede nel settore piovere utili ci si chiede se gli intermediari hanno acquisito un livello di rischio sufficiente ad agevolare l'economia.
Weekend lungo. Cosa sarà accaduto al Pil italiano?
E' inutile dire che bisogna lavorare di più, è inutile spiegare che il prodotto interno lordo deve crescere. Non c'è nulla da fare. Gli italiani appena scorgono un ponte, prendono e partono. Eppure Berlusconi ci aveva ben ravvisati: le vacanze di pasqua sono state la causa di quella recessione che ha attirato le penne di tutta la stampa estera. Cosa si conclude? La popolazione italiana non accetta consigli dal Presidente del Consiglio? No, direi che sette milioni di persone questo fine settimana hanno deciso di andare in villeggiatura a spendere i loro stipendi mettendo in pratica un altro suggerimento del Premier, dato come risposta all'Economist un mese fa: "il quotidiano sbaglia a raffigurare l'Italia con le stampelle. L'Italia e' un paese ricco e benestante. Il Pil non considera le proprietà e i risparmi degli italiani."
Non sono anti-Ue. Quello francese e olandese non è un No contro l'Europa, è un voto contro una città particolare in Europa: Bruxelles. Per molti cittadini dell'Ue, Bruxelles, che ospita la sede del Parlamento Europeo, si è trasformata nella dimora della burocrazia, estromettendo i principi di armonia e chiarezza pretesi dalla popolazione. E' soprattutto un voto contro le riforme, contro il modello anglosassone di capitalismo, contro il liberalismo economico.
Le politiche monetarie della Bce e il mercato del lavoro sembrano rappresentare rispettivamente il passato e il futuro del fallimento dell'economia. La recente accusa dal ministro delle finanze, Hans Eichel, e il presidente della Bundesbank, Axel Weber, riguardante gli alti tassi di interesse praticati da Francoforte e della successiva discussione, presente in Italia e Germania, di un possibile naufragio dell'Unione monetaria, hanno fatto emergere l'esistenza di un forte malessere sociale nel cuore del continente.
"Per l'Italia, soprattutto, l'uscita dall'euro sarebbe un disastro economico: ciò che potrebbe guadagnare in termini di competitività svalutando la moneta, andrebbe perso con il rialzo secco dei tassi di interesse"; riferisce Daniel Gros in un intervistaal Il sole 24 ore.
La situazione descritta dal direttore del Ceps di Bruxelles ci deve far riflettere sulla poca razionalità e scarsa conoscenza della popolazione italiana della struttura economica di un paese. Di fatti la vecchia Italia che trovava la sua forza negli alti tassi di interesse, che regolarizzava il mercato immobiliare, e da una moneta svalutata, che favoriva la domanda estera delle nostre industrie, appare oggi incapace di sostenere un modello economico differente dagli ultimi 20 anni, caratterizzato da un cambiamento radicale di queste grandezze economiche. Questa ottusità italiana merita attenzione; o si agisce con una politica di educazione del cittadino all'economia migliorando quindi le potenzialità della nostra popolazione nel creare ricchezza, o tanto vale veramente a tornare alla vecchia moneta, pagando oneri che derivano dalla responsabilità di tale decisione, evitando però un declino di lungo periodo causato da una politica non interventista sull'argomento.
D'altra parte la prossima minaccia è rappresentata da un presunto “dumping sociale” , a spaventare l'opinione pubblica è soprattutto l'Europa orientale, pronta a offrire forza lavoro a un costo decisamente inferiore rispetto alla media comunitaria. Lo sa bene chi ha seguito il dibattito francese delle ultime settimane, dominato dal timore provocato dalla possibile invasione degli "idraulici polacchi". L'idraulico polacco è infatti l'incarnazione delle paure dei lavoratori d'Oltralpe di fronte ad una Europa vista come un serbatoio di immigrati.
E adesso che potrebbe succedere? Un pericolo più reale potrebbe derivare dal mutato atteggiamento degli investitori, dubbiosi sulle potenzialità dell'Eurozona. Il mercato valutario, per l'appunto, sta pagando la mancanza di stabilità. Si è iniziato a tracciare al ribasso il grafico che rappresenta il confronto dell'Euro con il Dollaro. Un ulteriore pretesto per vendere l'euro è stato fornito da notizie negative. Anche in Francia e Germania, come già evidenziato in Italia, gli indici della fiducia delle imprese manifatturiere hanno segnato, a maggio, per il quinto mese consecutivo, un andamento in flessione. L'Isae sottolinea che le imprese dei tre Paesi segnalano un ulteriore accumulo delle scorte di magazzino, a fronte di un cattivo andamento degli ordini.
Il Corriere coglie l'occasione, del delicato quadro economico e del No francese alla carta costituzionale, per pubblicare nella sezione Economica del giornale un singolare articolo "giunto dal futuro" in cui si descrive la "storia" delle Istituzioni Europee dal 2005 al 2025.
Il Corriere della Sera. Francoforte, 15 giugno 2025. La Banca d’Europa tiene oggi l’assemblea annuale, che riveste quest’anno particolare interesse. Il 25° anniversario dell’istituzione nata il 1° gennaio 1999 come Banca Centrale Europea (cuore operativo dell’allora Sistema Europeo delle Banche Centrali-Sebc), infatti, consente di misurare la strada percorsa. Sono passati 10 anni da quando l’evoluzione delle cose portò a mutamenti radicali sul piano economico e politico. Per quanto riguarda la Banca, nel 2015 finirono il trattato di Maastricht e il Sebc, e nacque la Banca dell’Unione Europea, divenuta solo 2 anni fa, grazie al lento ma sicuro procedere della unione politica, Banca d’Europa. SEGUE >>
Laurea Honorem. La campagna pubblicitaria dell'Università di Urbino
Felicitazioni a Valentino Rossi che dopo aver conseguito di diploma con "Grandi Scuole" del gruppo Cepu, oggi si è presentato nell’Aula Magna dell’Università di Urbino per ricevere la laurea ad honorem in Comunicazione e Pubblicità per le organizzazioni. La sua passione per le due ruote è stata la chiave che ha espanso la sua mente e aperto la sua cultura in campo sociologico. Di fatti alla domanda:"secondo lei quale ruolo ricopre la televisione nella sociologia della comunicazione?" risponde: "A me piacciono i Simpson, ma non mi hanno ancora invitato!".
Ma i miei più "scomposti" complimenti vanno al Rettore Giovanni Bogliolo che, per risolvere gli enormi problemi di bilancio del proprio Ateneo, cerca di catturare studenti, ricorrendo a teatrini come quello di stamani. Almeno sembra che lui abbaia seguito, a differenza del Dott. Rossi, qualche lezione di Laboratorio Di Costruzione Del Messaggio Pubblicitario, e aggiungo io, Italiano.
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