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Europa islamica o Turchia europea?

La Turchia attuale e' il prodotto di una serie di ribellioni, rivoluzioni e riforme tese a costruire un moderno Stato europeo. La storia la unisce al nostro continente, ma questo non rende certo pi facili i negoziati di oggi.

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La Cina

In seguito all'apertura commerciale e al processo di modernizzazione il Governo di Pechino ora si vede lottare contro ideali democratici provenienti dall'interno e dall'esterno del paese.

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Migrazione nelle prospettive economiche globali del 2006

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Fisso o Variabile?

     Caligs  venerdì, dicembre 23, 2005 Permalink 1 comments

Apprese le intenzioni di politica monetaria della Bce, l’alternativa tra mutuo fisso e variabile comporta una presa di responsabilità da parte degli acquirenti di case. La responsabilità è quella di maturare una posizione personale sull’andamento atteso dei tassi. Vista la durata pluridecennale dei mutui, la scelta presenta in ogni caso una certa dose di “scommessa” su quanto potrà accadere nel futuro. Nel recente passato chi ha preferito il variabile ha potuto sfruttare una situazione di tassi prima in calo e poi ai minimi storici. Adesso però la situazione è destinata a mutare ed ecco che entra in gioco i fattori macroeconomici, ossia le ipotesi sull’evoluzione futura del ciclo, dai quali dipende l’andamento dei tassi delle banche centrali e di quelli applicati dagli istituti di credito ai clienti. La scommessa si basa sul futuro economico Europeo. Gli analisti più pessimisti pensano che il passo dell’economia del Vecchio Continente sia così incerto che la fase rialzista del costo del denaro si invertirà prima di aver raggiunto il 3,5% il tasso ritenuto neutrale per la politica monetaria europea. Se ciò si verificasse, fino a questi livelli il mutuo a tasso variabile conserverà margini di convenienza nei confronti di quello a tasso fisso visto, visto che la differenza fra i tassi applicati dalle banche ai due prodotti supera in genere il punto percentuale. Ma la scelta di un mutuo si sviluppa lungo un arco temporale decisamente più esteso e alla fine la scelta di fondo finisce per dipendere soprattutto dalla propensione al rischio di ciascuno: chi sceglie il tasso fisso lo fa perché vuole sentirsi le spalle coperte e preferisce avere una rata costante per tutta la durata, senza sorprese. Bisogna considerare inoltre che uno scenario di ripresa economica nel nostro continente non è affatto improbabile, anzi, la maggior parte degli economisti sostengono che il 2006 sia l’anno dell’Europa, soprattutto l’anno di quei paesi che hanno avuto nel 2005 margini di crescita inferiori alla media come Italia, Francia e Germania. Molto probabilmente assisteremo ad una ripresa significativa nei prossimi sei mesi con contrastate probabilità di prolungare il trend ascendente. Ma se ciò si verificasse la Bce non esiterà ha utilizzare il saggio di interesse come strumento per placare il pericolo inflativo nel mercato immobiliare. Questa ipotesi calzerebbe di meno hai possessori di mutui a tasso variabile.

 

La credibilità ha un valore di mercato

     Caligs  martedì, dicembre 20, 2005 Permalink 6 comments

Per "riportare serenità" nel Paese il Governatore di Bankitalia ha deciso di chiudere da sè la porta di via dei Serpenti. Sgombera quindi la scrivania più importante a pochi giorni dall'arresto di Gianpiero Fiorani e a un giorno del CdM convocato per risolvere il malaffare bancario. Ma non c'è tempo da perdere: Governo e opposizione sono già d'accordo che bisogna subito trovare il successore entro la settimana. Scandali finanziari e dirigenti onnipotenti e liberi da ogni controllo ripropongono i soliti dubbi sulla solidità del sistema e introducono nuovi valori in materia finanziaria.

"Recenti infrazioni sui mercati finanziari mettono in luce il fatto che non si riesce a insistere abbastanza sull’importanza della reputazione in un’economia di mercato. Certo, un’economia di mercato richiede una struttura di regole formali – per esempio una legge sui contratti, regole per la bancarotta, un codice dei diritti degli azionisti. Ma le regole non possono sostituirsi al retto carattere. In tutte le transazioni, siano esse con clienti o con colleghi, ci affidiamo alla parola data dalle nostre controparti. Se così non fosse, beni e servizi non potrebbero venire scambiati in modo efficiente. Anche quando seguite alla lettera, le regole possono guidare sole alcune delle decisioni richieste ogni giorno a manager di imprese e banche. Le altre scelte sono governate da quello che è, o non è, il codice personale di valori che quei manager portano al tavolo della trattativa. Gli affari diventano difficili se non c’è fiducia nelle informazioni fornite dalla controparte. E per ogni economia sofisticata è connaturato potersi fidare della parola di uno straniero. Per una effettiva governance è cruciale potersi valere della buona reputazione che accompagna chi compie scelte giudiziose e giuste al vertice di un’impresa o di una banca. Ed ancora più importante è come la società è vista dall’esterno. La reputazione di una società ha un eccezionale valore di mercato che, in linea di principio, è capitalizzato a bilancio come valore di avviamento. Reputazione e fiducia erano punti di forza stimati già nella stagione dell’avventuroso capitalismo ottocentesco americano. Nell’ultimo mezzo secolo, il pubblico americano ha fatto proprie le protezioni delle molte agenzie federali che hanno ampiamente sostituito le garanzie finanziarie del Governo e comportano certificazioni ufficiali della buona reputazione in affari. Probabilmente siamo meglio protetti e, quindi, stiamo meglio, grazie a queste forme ufficiali di tutela. Ma gli scandali societari recenti hanno chiaramente indicato come la pletora di leggi del secolo scorso non abbia eliminato gli aspetti meno simpatici del comportamento umano. Non dovremmo sorprenderci quindi se la reputazione personale torna ad assumere nel mondo del business un grande valore di mercato." Alan Greenspan, 16 aprile 2004.

Quattro anni più tardi, dopo la stagione dei grandi scandali finanziari americani, aperta nel 2001 dalla bancarotta Enron, Alan Greenspan ha voluto sottolineare e dirigere l’attenzione dei mercati su un nuovo modo di valutare il business, facendo suoi i cinque precetti guida, sull’economia pubblica e privata, sul quale insisteva Joseph Striglitz, premio Nobel 2001: onestà, equilibrio, giustizia sociale, informazione, responsabilità. Le parole del presidente della Fed possono benissimo essere riproposte quest’oggi alla luce degli ultimi avvenimenti italiani. Esse inoltre devono essere un mezzo per introdurre in Europa il dibattito sulla responsabilità dell’impresa e sulla razionalità dei soggetti che operano nei mercati.

 

A dovish interpretation

     Caligs  venerdì, dicembre 16, 2005 Permalink 2 comments

Come ampiamente scontato oramai anche da i non addetti ai lavori la Federal Reserve ha ritoccato al rialzo, per la tredicesima volta consecutiva, i tassi d' interesse dello 0,25% portandoli così al 4.25%. L'unica nota diversa di questo incontro rispetto a tutti gli altri è stata la precisazione del fatto che l' attuale livello del costo del denaro negli Usa non è più "accomodative", cioé tale da favorire una politica espansiva. Il termine "accomodative", sempre utilizzato per accompagnare la stretta monetaria, sparisce dal tradizionale comunicato finale al termine del board. Questa omissione è stata più che sufficiente per alimentare i mercati azionari, con gli indici di Borsa in accelerazione, e delle valute, con il dollaro in calo verso l' euro. A questo punto l'attenzione è tutta rivolta ad un orizzonte temporale più ampio in vista quindi che termini la lunga saga del rialzo dei tassi, iniziata a giugno del 2004 e non ancora interrotta. In ogni caso il Fomc non ha tralasciato di sottolineare che potrebbero ancora esserci delle ulteriori e contenute strette che si renderebbero necessarie per conservare in equilibrio la crescita economica sostenibile (con particolare riguardo al settore occupazionale) e la stabilità dei prezzi ossia i punti chiave su cui ha poggiato fino a questo momento la politica monetaria della Fed. Nel comunicato finale, tuttavia, i banchieri centrali hanno evidenziato che nonostante gli elevati prezzi energetici e l' impatto degli uragani, l'espansione dell' attività economica appare risulta su posizioni solide. Se da un lato l' inflazione 'core', quella al netto delle componenti petrolio e alimentari è rimasta relativamente contenuta, dall' altro le aspettative di inflazione di lungo periodo "restano moderate". La riunione del board della Fed è stata l' ultima del 2005, nonché la penultima per il presidente Alan Greenspan, che passerà il testimone a Ben Bernanke dopo il Fomc del 31 gennaio 2006. La stretta di mercoledì riporta il differenziale con l' Eurozona al 2% e allunga la serie rialzista superando in durata quella registrata nel periodo 1994-95. Come già scritto in questo intervento potrebbe comunque aversi ulteriori aggiustamenti fino ad un livello che secondo l'opinione più diffusa potrebbe attestarsi al 4,5-4,75%. La possibilità che la manovra della Fed sia l'ultima o al massimo la penultima ha infiammato la moneta europea che come la fenice è rinata dalle ceneri allontanandosi dall'area di minimi a 1.1640/1.1600. A favorire ulteriormente il recupero dell'euro è stata anche la notizia che la Banca centrale russa ha aumentato ancora la quota di moneta europea nel suo paniere. L'ultimo aggiustamento risaliva ad agosto. Il tentativo della Banca centrale russa è di fare in modo che il paniere rifletta i flussi commerciali e di stabilizzare il rublo verso le due principali monete di scambio. La zona euro è una controparte importante del Paese grazie soprattutto alla fornitura di materie prime. In questo frangente la vendita di petrolio in un momento di prezzi elevati sta consentendo alla Banca centrale russa di aumentare le proprie riserve valutarie. Il dollaro continua ad avere un peso dominante nell'economia russa ma il ruolo dell'euro sta crescendo. La decisione della Banca centrale russa di modificare il proprio paniere si giustifica anche per la presenza di un sempre maggior numero di banche europee in Russia. La partecipazione degli istituti di credito stranieri nel capitale delle banche è passata nel 2005 dal 6.2% all'11% di novembre.

 

Petrolio: rimpatriata speculativa

     Caligs  martedì, dicembre 13, 2005 Permalink 0 comments

Lo shock creato dai significativi più alti prezzi del petrolio e la dislocazione causata dagli uragani hanno temporaneamente ridotto la domanda statunitense di prodotti petroliferi. I volumi a gennaio a novembre 2005 si sono progressivamente ridotti nel corso dell'anno. Inoltre il rialzo provocato dalla dislocazione sembra pesare con un certo ritardo sulla crescita del prodotto interno lordo. Inoltre le condizioni eccezionali di tempo temperato in questo inverno sia negli Usa e in Europa hanno ridotto la domanda per gasolio da riscaldamento, gas naturale ed energia elettrica. In ottobre, per esempio, la temperatura negli stati uniti è scesa di 15 gradi sotto la norma. Questi fattori temporanei combinati con la persistente moderazione delle importazioni della Cina finora, in rialzo del 3% da gennaio da ottobre, confrontato con la media del 2005, stanno incrementando un chiaro risultato: la domanda di petrolio è decisamente più bassa di quanto stimato in precedenza. Va considerato che l'International Energy Agency, la quale ha sempre sottostimato la domanda in passato, ha da poco rivisto la ribasso le stime per il quarto trimestre. Da una prospettiva di lungo termine, il rialzo dei prezzi petroliferi dal 2000 può comportare dei comportamenti di conservazione dell'energia, come negli Usa dove l'utilizzo di energia rispetto al Pil reale è scesa dell'8% tra il 2000 e il 2004. Se guardiamo dal lato dell'offerta, un'incompleta ripresa degli impianti nel Golfo del Messico di impianti produttivi e raffinerie, produzione e trasformazione di gas hanno lasciato i mercati statunitensi vulnerabili a nuovi shocks. Basta un inverno più freddo del previsto per creare uno strappo al rialzo dei prezzi energetici e conseguentemente un notevole incremento nelle bollette dei consumatori. A ben guardare con i prezzi del gasolio più alti del 20% rispetto all'anno scorso e i valori del gas naturale che hanno raddoppiato, i consumatori statunitensi rischiano di pagare dai 30 ai 35 miliardi dollari in più rispetto a quelli sborsati nel 2004. Ma il caldo inverno di Novembre ha permesso ai produttori di creare delle scorte più consistenti rispetto alla media, fornendo un margine per calmierare l'eventuale eccesso di richiesta nel momento in cui il freddo si farà pungente. Ma sono previsti ancora settimane di temperature calde e superiori alla media negli stati uniti,scongiurando per il momento bollette più care. Il mercato dei future stanno prezzando un lieve incremento dei prezzi petroliferi per metà del 2006, prima di anticipare una moderata flessione. Questa forma inusuale della curva dei prezzi dei futures, sembra dipendere dai magazzini di scorte. Per mancanza di capacità di immagazinaggio, sia in Europa che in Usa il valore marginale dei prodotti raffinati oggigiorno è basso: ossia risulta senza valore raffinare oltre certi livelli se non vi è possibilità di immagazzinarlo. E i prodotti di raffineria tendono alla piena capacità tendono a guidare il mercato "crude". E in questo momento l'industria di raffineria è in piena capacità. Mentre la crescita del Pil mondiale rimarrà robusta per il prossimo anno altrettanto forte rimarrà la domanda di prodotti raffinati e non. Solamente nel 2007 le tensioni attuali per eccesso di domanda si attenueranno.
Ma nel breve termine le condizioni del tempo nelle aree economiche più importanti, Usa, Europa e Giappone, sono i fattori di rischi determinanti di rialzo dei prezzi. Nel medio termine il fattore chiave è il tasso di crescita mondiale e il suo impatto sulla domanda di prodotti petroliferi. Inoltre poichè non si è ancora preso provvedimenti per incrementare significativamente la capacità produttiva delle raffinerie, una domanda più consistente, soprattutto proveniente dalla Cina, o una offerta limitata può ancora spingere verso 70/80 dollari al barile il prezzi del greggio
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Svolta della Bce

     Caligs  venerdì, dicembre 02, 2005 Permalink 3 comments

La Bce dopo cinque ha aumentato il costo del denaro di 25 bp, ora al 2,25%. La decisione, ampiamente scontata dal mercato, non sembra tuttavia preludere a nuove mosse restrittive. Lo stesso Jean-Claude Trichet in conferenza stampa, ha spiegato che per le prossime mosse la BCE attenderà di vedere "quali saranno le nuove informazioni e i nuovi dati" che contribuiranno a definire il quadro macroeconomico e l'evoluzione dei prezzi. Commentando la decisione, Trichet ha poi specificato che la politica monetaria "resta accomodante e continua a supportare la ripresa economica e la creazione di posti di lavoro". Al centro dell’attenzione della Bce resta dunque l’inflazione. A causa dell’andamento dei prezzi petroliferi, Trichet ha messo in evidenza come lo scenario "resta soggetto a rischi al rialzo". Il numero uno di Francoforte ha quindi alzato le stime di crescita e inflazione per il periodo 2005-2007. Nelle sue proiezioni il PIl di Eurolandia segnerà un progresso dell'1,4% (1,2-1,6%) nel 2005 e dell'1,9% (1,4%-2,4%) per il 2006. Per quanto riguarda l'inflazione la Bce ha alzato la stima al 2,1% (1,4%-2,4%) per il 2005 e tra l'1,4% e il 2,6% per il 2006. Anche l' Ocse nel suo Economic Outlook relativo al mese di novembre ha fatto sapere di ritenere, allo stato attuale, "plausibile" uno scenario caratterizzato da una "prolungata fase di espansione" dell' economia mondiale, che, finalmente, coinvolgerà anche la "convalescente" Europa. Contemporaneamente, peraltro, pur considerando che quella delineata è la prospettiva di fondo, l' Ocse mette in guardia da potenziali rischi che potrebbero condizionare le ripresa. Fra questi, il rialzo del prezzo del petrolio, il peggioramento degli squilibri delle bilance correnti, riallineamenti bruschi nei tassi di cambio ed una crescita dei tassi d' interesse a lungo periodo. L' organizzazione di Parigi ha quindi rivisto in leggero rialzo le stime di crescita mondiale per quest' anno e per il 2006 rispettivamente a +2,7% e +2,9%, lo 0,1% in più rispetto alle previsioni precedenti. Una revisione al rialzo ha interessato anche la crescita della zona euro nel 2005 dall'1,3% indicato a settembre all'1,4%. Nel 2006 la crescita dovrebbe essere del 2,1% e nel 2007 del 2,2%. Secondo quanto contenuto nel rapporto l'attività economica, dopo la pausa a cui abbiamo assistito agli inizi di questo anno, ha via via ripreso convinzione e le attese sono per un prosieguo, anche se moderato, anche per i prossimi due anni. Secondo l'opinione dell'Organizzazione il fattore trainante saranno soprattutto le esportazioni mentre si prevede un deciso aumento dei consumi privati anche se, ancora per il prossimo anno resteranno frenati in quanto risentiranno ancora dell'effetto caro greggio. Sul fronte della politica monetaria secondo l'Ocse il miglioramento stimato dall'outlook non sarà tale da giustificare un ulteriore rialzo dei tassi di interesse. Per l’Ocse per l'Europa, alla luce dei ritardi con cui finora si è manifestata la ripresa, avrebbe dovuto addirittura attendere qualche altro trimestre prima di aumentare i tassi di riferimento. Il timing auspicabile per l'OCSE doveva essere l'autunno del prossimo anno da cui avrebbe dovuto prendere avvio un graduale incremento fino a un totale di 125 bp. Per gli Stati Uniti, invece, dove la produzione è vicina al potenziale e l'inflazione è prevista in aumento, le autorità dovrebbero continuare ad aumentare i tassi. Per quanto riguarda i conti pubblici, l’Ocse sollecita i governi europei ad approfittare del momento attuale per procedere verso il varo di riforme economiche , oltre ad iniziare seriamente a mettere mano al riassetto delle finanze pubbliche, dando priorità ai tagli di spesa piuttosto che all' aumento della tassazione. Intanto secondo il recente rapporto di Eurostat nel Vecchio Continente sta accelerando la ripresa economica mentre frena l'inflazione. Sia nell'eurozona che nella Ue il Pil nel III° trimestre 2005 è aumentato dello 0,6% (+0,4% nel secondo trimestre). Rispetto al III° trimestre 2004 il Pil è cresciuto dell'1,6% nell'eurozona e dell'1,7% nella Ue dopo rispettivamente 1,2% e 1,4% nel trimestre precedente. Seppure in miglioramento, la performance economica europea resta ancora lontana dal 2,9% del Giappone e dal 3,6% degli Stati Uniti.

 

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