Turchia: adesione inevitabile o necessaria
Caligs ║ venerdì, maggio 06, 2005 ║ Permalink ║ 1 comments
L'art. 1 del trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa parla chiaro: “L'Unione è aperta a tutti gli Stati europei che rispettino i suoi valori e s'impegnino a promuoverli congiuntamente”. Lo stato candidato deve aderire ai valori dell’Unione indicati all’articolo 2, precisamente al “rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e rispetto dei diritti umani”. Inoltre, il Consiglio Europeo di Copenhagen del 1993 ha stabilito criteri concreti che coprono aspetti politici istituzionali, l’economia e gli obblighi specifici di membro, compresi gli obiettivi di un’unione politica, economica e monetaria.
La serie di requisiti e criteri Stabiliti dalle fonti dell’Ue ci obbligano a porci delle domande che rispondano ad una serie di problematiche che fanno dell’adesione turca il percorso d’avvicinamento e d’insediamento più complesso e duraturo della storia Europea: La Turchia può essere inserita in un progetto europeo? Gli eredi dell’Impero Ottomano fanno parte dell’Europa?
Il quesito posto in questo termine ha già una risposta individuata nelle proprie radici che inquadrano la Turchia non solo dal punto di vista storico ma anche culturale. Una testimonianza è il processo d’occidentalizzazione seguito dopo la caduta dell’impero, accolto dalla popolazione con l’attuazione delle riforme di Ataturk che svilupparono la Turchia come Stato secolare moderno. Non sorprende dunque che alla Turchia sia stato applicato lo stesso metodo di valutazione usato nelle relazioni del Consiglio europeo di Helsinki del 13 dicembre del 1999 dove si indicava omogeneità dei processi di adesione dei 13 candidati, anche se la situazione e i progressi dei singoli paesi non erano certo equivalenti. Quindi, la strada per l’ingresso pare tracciata ma data finale e percorso intermedio appaiono, tuttavia, ancora incerti. Proprio nel confronto con gli altri candidati, emergono differenze sostanziali, soprattutto di natura politica, con particolare riferimento al rispetto dei diritti umani, all’amministrazione giudiziaria e carceraria, alla tutela delle minoranze, alla questione curda, all’occupazione di Cipro e ai rapporti con l’Armenia. Ma non possono esserci dubbi sul fatto che l’adesione della Turchia all’Ue porrebbe entrambi di fronte ad opportunità e benefici di notevole entità. Inoltre, devono essere presi in considerazione anche i costi dell’eventuale rifiuto, insieme ad ulteriori conseguenze negative.
Cosa ne guadagnerebbe l’Unione Europea?
IMMAGINE. L’adesione della Turchia fornirebbe una prova innegabile del fatto che L’Europa non è un “Gruppo Cristiano” chiuso. Essa confermerebbe la natura dell’Unione come società aperta e tollerante, che trae forza dalla sua diversità ed è mantenuta insieme dai valori comuni di libertà, democrazia, stato di diritto e rispetto dei diritti umani.
RAFFORZARE LA POLITICA ESTERA. Grazie alla sua posizione geo-strategica, la Turchia aggiungerebbe nuove dimensioni agli sforzi di politica estera compiuti dall’Unione in regioni di vitale importanza. Le opportunità si presentano nel bacino del Mar Rosso, nel Caucaso Meridionale e nell’Asia Centrale, dove l’Ue ha mantenuto un profilo basso in passato ma dove la Turchia, per motivi di natura geografica, culturale, religiosa e linguistica, ha invece svolto un ruolo attivo.
ECONOMIA Oltre a rafforzare il ruolo dell’Unione nel campo politico e della sicurezza, la Turchia potrebbe fornire un valore aggiunto al peso economico dell’Europa nel mondo. Anche se continuerà a soffrire di deficit e squilibri per alcuni periodi a venire, la sua economia gode di un grande potenziale. Il paese ha vaste dimensioni, possiede risorse notevoli ed una forza lavoro giovane. Con una popolazione di settanta milioni di persone e un potere d’acquisto che si prevede aumenterà costantemente, il potenziale turco, potrebbe fungere da leva e trainare, insieme ai neo-paesi dell’Europa dell’Est, l’economia europea fuori dalla stagnazione.
Dinamiche demografiche. Uno degli elementi di cui si basa Il successo economico di un qualsiasi paese è la capacità della propria popolazione. Da questo punto di vista, la Turchia presenta caratteristiche che la distinguono da quasi tutti i vecchi e i nuovi membri dell’Ue. La prima e più nota differenza sta nel fatto che la popolazione turca è ancora in fase di crescita, mentre quella della maggior parte dei paesi membri sta già declinando, o sta per cominciare a farlo (anche nei paesi appena entrati). Ma una popolazione in crescita costituisce un’opportunità economica soltanto se è in ascesa il tasso d’occupazione. Questo non sembra essere ancora accaduto in Turchia. Il dato occupazionale messo a confronto con quello degli Stati dell’Est Europa è nettamente al di sotto a causa di una percentuale inferiore di persone fra i 15 e i 64 anni d’età presenti nel paese, che costituiscono l’elemento per il calcolo dello stesso tasso d’occupazione; Quindi a pesare sulle stime è l’elevata percentuale di giovani turchi con età inferiore ai 15 anni. Un’altra spiegazione del minore tasso d’occupazione della popolazione in età lavorativa è inoltre rappresentato dal bassissimo tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Se la Turchia vuole sfruttare il proprio vantaggio demografico, dovrà riuscire a spezzare questo circolo vizioso, agendo sull’attuale correlazione tra il tasso demografico con quello occupazionale.
Il capitale umano. Ai fini della crescita economica, non è solo la quantità ma anche la qualità che conta. In altre parole, il potenziale economico di un paese dipende strettamente dalla qualità della forza lavoro attuale e potenziale, ossia dal suo “capitale umano”. Da questo punto di vista la Turchia parte da una posizione molto debole. Considerando gli investimenti nell’istruzione il processo d’alfabetizzazione, in un quadro europeo, la Turchia si classifica alle ultime posizioni. Il divario si presenterebbe ampliato se si tenesse conto del fatto che in Turchia la percentuale di popolazione in età scolastica è molto elevata.
Ma questo limite rappresenta anche la dimostrazione delle possibili potenzialità economiche della Turchia una volta attuato un piano decennale rivolto a investire nei giovani turchi.
Dualismo economico. Se esaminiamo i dati regionali e di settore possiamo verificare l’esistenza di due economie: un vasto e povero settore agricolo (o piuttosto rurale), e un settore moderno allo stesso livello di quello dei paesi più sviluppati dell’Unione. Infatti attraverso l’analisi del valore aggiunto per persona impiegati nei diversi settori si può affermare che il settore primario (cioè agricolo) rispecchia la situazione presente nei paesi più poveri dell’Europa Orientale come Bulgaria e Romania, in contrapposizione a quello terziario che impallidisce i dati della Repubblica Ceca, dell’Ungheria e della Polonia, i tre paesi più grandi fra i nuovi membri dell’Ue.
Queste grandi differenze nei livelli di produttività si riflettono anche in notevoli disparità regionali, in quanto il settore moderno e più produttivo (soprattutto l’industria più alcuni servizi) è concentrato in un numero ridotto di regioni nella parte occidentale del paese. Il risultato ne conferma che le regioni più povere producono meno di un quarto del Pil pro capite rispetto a quelle ricche.
Nel corso degli ultimi tre anni la Turchia ha avuto una forte crescita, con tassi di crescita attorno al 5-7%. Fino a quanto potrà durare questo boom? Le previsioni sono difficili, visto che il passato mostra andamenti economici molto variabili, con fasi di straordinario dinamismo seguite da fasi di profonda recessione (e viceversa). La prima conclusione possibile tende ad attribuire alla Turchia un forte potenziale di crescita, ma che la volatilità macroeconomica ha finora reso impossibile realizzarla. In prospettiva tutti i fattori che hanno ostacolato lo sviluppo nel corso degli ultimi due decenni dovrebbero ridursi di importanza, soprattutto in vista della procedura d’adesione che inviterà il governo di Ankara a concludere il processo di riformazione del proprio paese. Un alto tasso di investimenti, quello che ci vuole per l’economia, permetterebbe alla Turchia di sprigionare le sue enormi qualità, portando la metà arretrata della popolazione all’interno del settore moderno. Col tempo, la qualità della forza lavoro potrebbe anche migliorare sostanzialmente, se l’Ue fornirà aiuti finanziari, che sarebbero ulteriormente utili per trasferire tecnologia in modo da massimizzare la produttività.
1 Comments:
Credo che l'economia europea uscirebbe indebolita piuttosto che rafforzata dall'adesione della Turchia all'Unione. Così come credo che i vantaggi di una sua entrata a pieno titolo, da te ben evidenziati, siano comunque inferiori alle conseguenze negative.
Ti rinvio ad ogni modo al mio post sulla Turchia e i negoziati. Ciao,
Mauro
Posta un commento
<< Home