La settimana macroeconomica
Caligs ║ lunedì, giugno 20, 2005 ║ Permalink ║ 0 comments
Greenspan simbolo di credibilità.Tra i molteplici dati che hanno composto lo scenario economico statunitense l'attenzione degli investitori era rivolta alla pubblicazione relativa ai flussi di capitali da e verso gli Stati Uniti registrati in aprile. Il dato ha evidenziato un leggero miglioramento rispetto al mese precedente, ma, con amara sorpresa è risultato pari a 47,5 miliardi, pesantemente peggiore dell'attesa. Le aspettative erano, difatti, per un ritorno dei flussi verso i 70 miliardi di dollari, un dato che da qualche anno consente all'economia americana di finanziare in gran misura il deficit commerciale, attualmente testato sui 58 miliardi. Tale esito dimostra che i cittadini americani cominciano a diversificare i loro portafogli investendo anche all'estero, conseguenza di una minore propensione al rischio investimento interno. Scorporando il dato nelle sue parti si evidenzia soprattutto un calo dei flussi di capitali privati, a dimostrazione di una certa avversione al rischio in una fase incerta di mercato dove ancora il futuro non è trasparente. L'orientamento del mercato favorevole al dollaro non è stato confermato dai dati usciti nel corso della settimana, in particolare dall'inatteso calo delle vendite al dettaglio nel mese di maggio e alla contrazione dei prezzi alla produzione. L'ascendente trend, che da qualche settimana sta supportando il biglietto verde, ha preso il via dalle dichiarazioni pronunciate la scorsa settimana da Alan Greenspan che ha confermato l'attuale politica di graduale rialzo dei tassi Usa precisando che l'attuale inversione della curva dei tassi, con l'anomalo basso livello dei tassi di interesse a lungo termine, può essere attribuita a cambiamenti strutturali e non significa necessariamente che il mercato sta scontando una futura recessione.
Nella stessa direzione si sono mossi i commenti del presidente della Fed di St Louis, William Poole, che ha spiegato che il basso livello dell'inflazione lascia alle autorità spazio di manovra per un uso più aggressivo della politica monetaria. Nel corso dell'ultimo anno la Fed ha alzato il costo del denaro per ben otto volte portando i tassi ufficiali del dollaro al 3% e un ulteriore ritocco di 25 punti base è previsto per fine giugno. Alla luce delle ultime statistiche economiche il dibattito, all'interno del prossimo Fomc del 30 giugno, si preannuncia alquanto animato. Al momento, dando per scontato un ulteriore rialzo di 25bps in occasione dell'incontro di giugno, l'attenzione si focalizza soprattutto sull'eventuale prosecuzione o meno della fase di rialzo dei tassi nel corso dei prossimi mesi. In ogni caso il Fomc di agosto rimane aperto ad ogni decisione e in ogni caso per il 9 agosto la Fed potrà usufruire di tutti i dati del secondo trimestre, in modo da poter operare una scelta più accurata.
C'è chi mira al futuro e chi è prigioniero del passato.
Per contro i tassi dell'euro restano ancorati al 2% e l'andamento debole dell'economia non lascia intravedere spazi di risalita. Allo stato attuale, permangono tutte le premesse affinché il dollaro rimanga il preferito dagli investitori internazionali. Analizzando la questione dalla parte dell'euro le cause della debolezza che lo accompagna oramai da alcuni mesi vanno principalmente ricercate nei problemi legati alla ratifica della Costituzione, così come al futuro dell'Unione allargata in campo economico e l'eccessiva burocratizzazione delle istituzioni europee. Chiaramente se alla caduta del cambio Eur/usd non dovesse corrispondere un aumento del deficit Usa, è probabile che tale processo continui nel tempo per la necessità del Vecchio Continente di svalutare in modo competitivo senza però provocare scossoni ai prezzi, pertanto sarà una discesa lenta e costante. Da un punto di vista macroeconomico e di flussi traspare che non sono ancora maturi i tempi per comprare euro in quanto la sfiducia degli investitori legata alle prospettive economiche e politiche dell'Unione sembrano peggiorare di giorno in giorno. Non si deve dimenticare che in questo momento è in atto una discussione importante per il futuro della Ue, ossia l'approvazione del bilancio revisionale del periodo 2007-2013. Nonostante il vertice del 16 giugno abbia accentuato le divergenze tra gli schierati, dovranno essere stabilite le quote che ogni paese dovrà versare per andare a formare il bilancio comunitario. Lo scontro a cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni, come sottolinea il ministro degli esteri Inglese, Jack Straw, ha due soggetti: chi mira al futuro e chi è prigioniero del passato. Chirac, di certo, non può attribuire il termine egoista a chi vuole tagliare dei fondi destinati al protezionismo delle campagne francesi per finanziare l'innovazione e la ricerca. Ma queste argomentazioni sono già state eloquentemente approfondite da Harry e Jimmomo.
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