LaTurchia attuale e' il prodotto di una serie di ribellioni, rivoluzioni e
riforme tese a costruire un moderno Stato europeo. La storia la unisce al nostro
continente, ma questo non rende certo pi facili i negoziati di oggi.
In seguito all'apertura commerciale e al
processo di modernizzazione il Governo di Pechino ora si vede lottare contro
ideali democratici provenienti dall'interno e dall'esterno del paese.
Energia
Stiamo entrando nella seconda metà
dell'era del petrolio, che sarà caratterizzata dal declino degli
approvvigionamenti. Potrebbe essere la fine dell'economia come la conosciamo
oggi ma fare previsioni è impossibile, perchè sarà la prima volta che
una risorsa cruciale esaurirà .
Fa parte del Consiglio degli economisti del settimanale Time. Poi Gerald Ford (presidente degli Stati Uniti dal 1974 al 1977) lo nomina presidente del Consiglio degli economisti della Casa Bianca. Si trova alla guida della Banca centrale statunitense dall'11 agosto del 1987, nominato da Ronald Reagan. Il suo mandato viene rinnovato da George Bush e, piu' recentemente, da Bill Clinton.
L'aspetto enigmatico e' il suo grande punto di forza: "Se sono stato chiaro dovete avermi frainteso", e' solito affermare. Il dire e non dire rappresenta in effetti un indice per misurare la consistenza di un banchiere centrale e, quando Greenspan si presenta meno freddo ed enigmatico del solito, cio' rappresenta un brutto segno. Lo conferma anche uno degli economisti americani piu' influenti e conosciuti, Paul Krugman: "Sono preoccupato quando comincio a capire quel che dice Greenspan".
Durante la sua presidenza, ha dovuto fare fronte a gravi crisi economiche, come il crollo della borsa agli inizi degli anni '80, e piu' recentemente alla crisi finanziaria asiatica, che alla fine del 1998 ha messo in ginocchio gran parte delle economie mondiali, senza pero' provocare gravi danni a quella americana. La sua abilita' come timoniere dell'economia Usa lo ha reso il paladino del mondo degli affari statunitensi. Al termine del suo secondo mandato, nel 1996, il 96 per cento degli uomini d'affari ha dichiarato di essere favorevole alla rielezione di Greenspan al vertice della Fed: la quasi totalita' degli intervistati ha giudicato ottimo l'operato del presidente.
Naturalmente, tutto cio' non si deve soltanto alla "policy accommodation",commentaErnesto Felli sul il foglio e sul suo blog autorevole Sofia, con la quale Greenspan ha pescato dalla sua cassetta degli attrezzi, pilotando controvento i tassi di interesse e, quando e' stato necessario, spingendoli tanto in basso da raggiungere il limite oltre il quale la politica monetaria stessa diviene inservibile. Altri fattori, e' evidente, hanno contribuito alla performance dell'economia americana e al suo successo. Cosi' come altri fattori ancora, sotto forma di shock che hanno colpito l'economia americana, hanno reso il suo compito complicato. Questo compito consiste di due obiettivi: il massimo livello di occupazione sostenibile e la stabilita' dei prezzi. Una differenza non di poco conto con la Banca Centrale Europea per la quale la crescita e' un impegno secondario e non realmente vincolante. Alla crescita, si sa, dovrebbe provvedere il Patto di Stabilita'.
Uno dei sui punti fondamentali che incideva sui principi della sua politica preventiva e' la dottrina tributaria.
Dieci anni dopo la sua nomina a presidente della Fed, Alan Greenspan osservo' che tutte le imposte sono un freno alla crescita economica. E' solo una questione di entita' (Wall Street Journal, 26 marzo 1997). Nel suo ultimo intervento pubblico (il 3 Marzo), a meno di un anno dalla fine della sua presidenza, Greenspan ha parlato nuovamente di tasse. Davanti alla commissione di esperti nominata dal Presidente per la riforma del sistema fiscale federale, Greenspan ha affermato che una buona riforma deve essere basata su un insieme esplicito di principi. Uno di questi e' l'ampliamento della base imponibile e la riduzione delle aliquote. "Le elevate aliquote fiscali (...) esasperano le distorsioni che le tasse inevitabilmente provocano...[spingendo] le famiglie e le imprese a reagire al sistema fiscale piuttosto che ai fondamenti economici sottostanti. Abbassando le aliquote fiscali attraverso l'ampliamento della base imponibile...si riduce il costo di tali distorsioni". E ha aggiunto che per aver successo la riforma dovrebbe essere percepita come equa. Con il che Greenspan intende che dovrebbe essere "neutrale" dal punto di vista distributivo in modo da facilitare un approccio bipartisan, limitando il numero dei perdenti e rendendo cosi' piu' accettabili i sacrifici richiesti in nome dell'efficienza ai differenti gruppi di contribuenti. E infine ha sorprendentemente enunciato un altro principio che secondo lui non andrebbe trascurato com'e' accaduto sinora: la prevedibilita' del sistema fiscale.
Bollato come un conservatore, negli ultimi 12 anni Greenspan si e' affermato pero' come un innovatore. In nome del mercato, e' stato uno dei primi a riconoscere l'importanza del fenomeno Internet. Ha attribuito alla ricerca tecnologica, e alla flessibilita' implicita nel sistema americano, i forti aumenti di produttivita' e il conseguente contenimento dell'inflazione. Ha favorito una deregolamentazione del sistema finanziario prima ancora che fosse approvata dal Congresso reagendo con rapidita' inattesa nel mezzo delle crisi di liquidita' degli ultimi anni.
Quando nella seconda meta' degli anni ottanta, Greenspan avvicendo' Paul Volcker alla guida della Fed, il Giappone era il leader mondiale, la Germania la locomotiva dell'Europa e gli Stati Uniti sembravano fuori dal gioco. Ora che si appresta ad uscire di scena, gli Stati Uniti sono l'incontrastato leader dell'economia globale. Lascera' al successore un'eredita' che presenta alcuni aspetti problematici – lo sbilancio nei conti con l'estero, nei conti pubblici e in quelli dei privati. La debolezza del dollaro dovra' proseguire e si sa che questo per un banchiere centrale non e' certamente il massimo. Dipendera' anche dalle capacita' del nuovo capo se l'atterraggio sara' morbido. La scelta del successore non sara' facile.
Il deficit delle partite correnti Usa ha segnato un nuovo picco raggiungendo la cifra record di 665,9 miliardi di dollari, il 5,7% del Pil. Il nuovo picco e' in parte dovuto al rosso del saldo commerciale salito a 183,5 miliardi. Gli asset detenuti da investitori stranieri sono saliti a 1.400 miliardi. A riportare un po' di ottimismo sul fronte statunitense ci ha pensato il dato sulla produzione industriale che, e' salita dello 0,3% a febbraio rispetto al mese precedente, quando invece era cresciuta dello 0,1%. Si tratta del quinto aumento mensile consecutivo per la produzione. Lo scenario, da tempo fluttuante, crea le condizioni per una stabilizzare del cambio euro/dollaro a circa 1,34 e consolidifica il trend ascendente che caratterizza il mercato dal 2002.
Una valuta forte non e' spesso sinonimo di benessere. La situazione europea ne e' una dimostrazione. Per un paese dove vige una politica delimitata da vincoli con una produzione concentrata nella qualita', il change rappresenta un dato che incide molto sul PIL destabilizzato dall'import e dall'export. Di fatti un cambio forte favorisce in Europa il consumo di merci straniere a discapito dei beni e servizi prodotti nell'unione che non trovano collocazione all'estero perche' cari. Mentre i giapponesi sorridono forti di una bilancia commerciale positiva e gli Stati Uniti investono e si indebitano (giustamente) ad un basso tasso d'interesse, gli europei stanno a guardare con l'impossibilita' di investire (vincolo Maastricht) e con un processo di stagnazione economica in atto.
Amnesty International sprona l'Ue sulla questione cinese
Vi riporto il documento di Amnesty nel quale si denuncia la situazione della popolazione cinese. Inoltre richiama l'attenzione del rappresentane dell'Ue per il CFSP (link), Javier Solana, sul continuo aumento degli arresti per lo svolgimento di manifestazioni sui diritti sociali e politici. Vi segnalo anche vecchi articoli che sono correlati al mio pensiero, espresso in "La Cina e il suo ironico libero mercato". La democrazia e' una questione cruciale. Ora resta che chiederci: l'apertura al commercio internazionale favorisce l'affermarsi delle buone istituzioni (democratiche)? o le buone istitutioni sono necessarie per la crescita?
Con il conseguimento e il consolidamento del doppio deficit registrato nei conti americani, i dati deludenti del PIL visionati da gran parte d'Europa e con la presentazione da parte del nostro governo di un piano-sviluppo incentrato soprattutto a difesa del made in Italy; si innalzano sull'economia occidentale ombre cinesi. Il "colpevole" e' stanato e ora aspetta solamente una nostra mossa per reagire. Il problema sta nell'individuare la strategia giusta che scaturisca nella nostra economia benefici o il minor danno, senza preoccuparci delle conseguenze che potrebbe subire quella della Repubblica Popolare!!! Le posizioni sul come agire per la maggior parte sono due e la domanda che puo' contrapporre questo bipolarismo e': "I dazi possono essere un valido strumento per limitare le importazioni dalla Cina?" La risposta non e' semplice se si analizza la Cina di oggi ma gli schieramenti sembrano netti e decisi a confermare le posizioni delle diverse teorie descritte sul mio libro di politica economica: da una parte abbiamo i principi dei Nuovi Keynesiani sostenitori della discrezionalita' degli interventi (pro dazi) e dall'altra quella Monetarista fautrice del liberalismo. La situazione si manifesta molto diversa da quella descritta da un libro, che basa e spiega entrambi le teorie sui dazi supponendo una collaborazione commerciale con partners leali; per fare luce sul contesto riporto il commento di un Fan Gang economista cinese che descrive il suo punto di vista:
"E' una situazione un po' paradossale: il Governo comunista cinese difende il libero mercato mentre l'Occidente e' tentato al protezionismo."
La frase e' provocatoria e si presenta come un affronto verso la nostra dignita'. Un governo che sfrutta economicamente la propria societa' priva di diritti, che non vara norme sul lavoro giovanile, che incentiva la contraffazione, che appone sui propri prodotti destinati alle esportazioni il marchi CE (china export), che non regolarizza il sistema industriale (es. igiene e ambiente), non puo' essere considerata nella condizione economica di libero mercato. Anche qui come in politica va proposto il paradigma Democrazia - Liberta', per questo bisogna fare distinzione fra amici e nemici della globalizzazione intervenendo duramente a discapito di quest'ultimi.
"Non e' una profezia. Sto spiegando quello che puo' succedere". Secondo l'economista Jeffrey D. Sachs si puo' sconfiggere la poverta' entro vent'anni. "Ogni anno", scrive Sachs, "piu' di otto milioni di persone, ventimila al giorno, muoiono perche' sono troppo povere, per mancanza di medicine o di acqua potabile". Time pubblica un'anticipazione del suo libro The end of poverty, nel quale fa alcune proposte: gli Stati Uniti dovrebbero onorare l'impegno di destinare lo 0,7 per cento del pil alla lotta alla poverta'; le democrazie dei paesi in via di sviluppo dovrebbero unirsi e chiedere un'azione decisa; Fondo monetario internazionale e Banca mondiale andrebbero riformati.
In questi primi due mesi del 2005 abbiamo assistito ad un mercato azionario europeo che ha fatto una performance media del 4,5% circa, ad un Giappone con il 2,5% circa, agli Stati Uniti leggermente negativi su Standar & Poor e Dow Jones, con un Nasdaq che invece ha fatto una performance negativa del 5,6% circa.
A questo punto viene spontaneo chiedersi: puo' essere corretta un'impostazione a sovrappesare i mercati azionari a discapito degli obbligazionari?
Gli elementi per formulare la risposta a questa domanda sono molteplici e forti, il 2005 sara' il terzo anno consecutivo dell'espansione globale, ancor piu' impegnativo, non fosse altro che per la regola per cui il tempo che passa, in un ciclo di crescita porta via via ad un deterioramento del rapporto tra rischi ed opportunita', ma non per questo menointeressante;
- esistono comunque le condizioni (tassi reali negativi ) affinche' le imprese (con ingente liquidita') decidano di riappropriarsi della capacita' di guidare il mercato effettuando investimenti. Dato il tasso di incremento di produttività elevato (2% annuo il maggior incremento rispetto al costo del lavoro per unita' di prodotto) e data la dinamica degli utili (ai massimi storici) la via migliore per attuare questa strategia e' acquistare i concorrenti;
- terza considerazione: chi compra (o tiene in portafoglio) per esempio un titolo decennale europeo al 3,80%, sceglie di ingessare il suo portafoglio fino al 2015 in cambio di un rendimento reale dell'1,8% all'anno, posto per assunto che la BCE tenga l'inflazione intorno al 2%. Basta invece avere le idee chiare sulla prosecuzione o meno dell'espansione; probabilmente sarà piu' difficile rispetto agli ultimi due anni, ma prevedibilmente sara' ancora consistente (tutti gli esponenti della FED sono concordi nel prevedere una crescita intorno al 4% per il 2005); inoltre la riserva di forza lavoro inutilizzata e' diminuita, con un tasso di disoccupazione stabilmente attestato al 5.40%; a fronte di un tasso di incremento di produttivita' elevato e con una crescita in fase di espansione, sul fronte tassi la FED agira' sicuramente in modo da accondiscendere un ciclo economico che ha solo due anni e mezzo di vita e che gode ancora di ottima salute; stanti queste considerazioni è molto difficile ipotizzare un segno negativo per le borse: oggi lo SPX e' leggermente negativo da inizio anno; basterebbe una chiusura d'anno con un rialzo del 7% rispetto al primo gennaio per avere, con il 2% di dividendi, il 9% di ritorno totale ad oggi: piu' o meno due volte e mezzo di quanto offerto dai bond decennali europei; la scelta quindi rimanesempre la stessa!
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and Development
OECD Organization for Economic Cooperation and
Development
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