Alan Greenspan. Enigmatica chiarezza di pensiero
Caligs ║ giovedì, marzo 31, 2005 ║ Permalink ║ 4 comments
L'aspetto enigmatico e' il suo grande punto di forza: "Se sono stato chiaro dovete avermi frainteso", e' solito affermare. Il dire e non dire rappresenta in effetti un indice per misurare la consistenza di un banchiere centrale e, quando Greenspan si presenta meno freddo ed enigmatico del solito, cio' rappresenta un brutto segno. Lo conferma anche uno degli economisti americani piu' influenti e conosciuti, Paul Krugman: "Sono preoccupato quando comincio a capire quel che dice Greenspan".
Durante la sua presidenza, ha dovuto fare fronte a gravi crisi economiche, come il crollo della borsa agli inizi degli anni '80, e piu' recentemente alla crisi finanziaria asiatica, che alla fine del 1998 ha messo in ginocchio gran parte delle economie mondiali, senza pero' provocare gravi danni a quella americana. La sua abilita' come timoniere dell'economia Usa lo ha reso il paladino del mondo degli affari statunitensi. Al termine del suo secondo mandato, nel 1996, il 96 per cento degli uomini d'affari ha dichiarato di essere favorevole alla rielezione di Greenspan al vertice della Fed: la quasi totalita' degli intervistati ha giudicato ottimo l'operato del presidente.
Naturalmente, tutto cio' non si deve soltanto alla "policy accommodation", commenta Ernesto Felli sul il foglio e sul suo blog autorevole Sofia, con la quale Greenspan ha pescato dalla sua cassetta degli attrezzi, pilotando controvento i tassi di interesse e, quando e' stato necessario, spingendoli tanto in basso da raggiungere il limite oltre il quale la politica monetaria stessa diviene inservibile. Altri fattori, e' evidente, hanno contribuito alla performance dell'economia americana e al suo successo. Cosi' come altri fattori ancora, sotto forma di shock che hanno colpito l'economia americana, hanno reso il suo compito complicato. Questo compito consiste di due obiettivi: il massimo livello di occupazione sostenibile e la stabilita' dei prezzi. Una differenza non di poco conto con la Banca Centrale Europea per la quale la crescita e' un impegno secondario e non realmente vincolante. Alla crescita, si sa, dovrebbe provvedere il Patto di Stabilita'.
Uno dei sui punti fondamentali che incideva sui principi della sua politica preventiva e' la dottrina tributaria.
Dieci anni dopo la sua nomina a presidente della Fed, Alan Greenspan osservo' che tutte le imposte sono un freno alla crescita economica. E' solo una questione di entita' (Wall Street Journal, 26 marzo 1997). Nel suo ultimo intervento pubblico (il 3 Marzo), a meno di un anno dalla fine della sua presidenza, Greenspan ha parlato nuovamente di tasse. Davanti alla commissione di esperti nominata dal Presidente per la riforma del sistema fiscale federale, Greenspan ha affermato che una buona riforma deve essere basata su un insieme esplicito di principi. Uno di questi e' l'ampliamento della base imponibile e la riduzione delle aliquote. "Le elevate aliquote fiscali (...) esasperano le distorsioni che le tasse inevitabilmente provocano...[spingendo] le famiglie e le imprese a reagire al sistema fiscale piuttosto che ai fondamenti economici sottostanti. Abbassando le aliquote fiscali attraverso l'ampliamento della base imponibile...si riduce il costo di tali distorsioni". E ha aggiunto che per aver successo la riforma dovrebbe essere percepita come equa. Con il che Greenspan intende che dovrebbe essere "neutrale" dal punto di vista distributivo in modo da facilitare un approccio bipartisan, limitando il numero dei perdenti e rendendo cosi' piu' accettabili i sacrifici richiesti in nome dell'efficienza ai differenti gruppi di contribuenti. E infine ha sorprendentemente enunciato un altro principio che secondo lui non andrebbe trascurato com'e' accaduto sinora: la prevedibilita' del sistema fiscale.
Bollato come un conservatore, negli ultimi 12 anni Greenspan si e' affermato pero' come un innovatore. In nome del mercato, e' stato uno dei primi a riconoscere l'importanza del fenomeno Internet. Ha attribuito alla ricerca tecnologica, e alla flessibilita' implicita nel sistema americano, i forti aumenti di produttivita' e il conseguente contenimento dell'inflazione. Ha favorito una deregolamentazione del sistema finanziario prima ancora che fosse approvata dal Congresso reagendo con rapidita' inattesa nel mezzo delle crisi di liquidita' degli ultimi anni.
Quando nella seconda meta' degli anni ottanta, Greenspan avvicendo' Paul Volcker alla guida della Fed, il Giappone era il leader mondiale, la Germania la locomotiva dell'Europa e gli Stati Uniti sembravano fuori dal gioco. Ora che si appresta ad uscire di scena, gli Stati Uniti sono l'incontrastato leader dell'economia globale. Lascera' al successore un'eredita' che presenta alcuni aspetti problematici – lo sbilancio nei conti con l'estero, nei conti pubblici e in quelli dei privati. La debolezza del dollaro dovra' proseguire e si sa che questo per un banchiere centrale non e' certamente il massimo. Dipendera' anche dalle capacita' del nuovo capo se l'atterraggio sara' morbido. La scelta del successore non sara' facile.
4 Comments:
Complimenti Caligs! Ormai hai intrapreso la tua strada, mi riempiono di orgoglio le tue capacità e la tue nozioni in materia...chi l'avrebbe detto?!...io sicuramente si!!
Commento non troppo anonimo in fondo :-))
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