La debolezza di un Euro forte
Caligs
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mercoledì, marzo 23, 2005
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Il deficit delle partite correnti Usa ha segnato un nuovo picco raggiungendo la cifra record di 665,9 miliardi di dollari, il 5,7% del Pil. Il nuovo picco e' in parte dovuto al rosso del saldo commerciale salito a 183,5 miliardi. Gli asset detenuti da investitori stranieri sono saliti a 1.400 miliardi. A riportare un po' di ottimismo sul fronte statunitense ci ha pensato il dato sulla produzione industriale che, e' salita dello 0,3% a febbraio rispetto al mese precedente, quando invece era cresciuta dello 0,1%. Si tratta del quinto aumento mensile consecutivo per la produzione. Lo scenario, da tempo fluttuante, crea le condizioni per una stabilizzare del cambio euro/dollaro a circa 1,34 e consolidifica il trend ascendente che caratterizza il mercato dal 2002.
Una valuta forte non e' spesso sinonimo di benessere. La situazione europea ne e' una dimostrazione. Per un paese dove vige una politica delimitata da vincoli con una produzione concentrata nella qualita', il change rappresenta un dato che incide molto sul PIL destabilizzato dall'import e dall'export. Di fatti un cambio forte favorisce in Europa il consumo di merci straniere a discapito dei beni e servizi prodotti nell'unione che non trovano collocazione all'estero perche' cari.
Mentre i giapponesi sorridono forti di una bilancia commerciale positiva e gli Stati Uniti investono e si indebitano (giustamente) ad un basso tasso d'interesse, gli europei stanno a guardare con l'impossibilita' di investire (vincolo Maastricht) e con un processo di stagnazione economica in atto.
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