LaTurchia attuale e' il prodotto di una serie di ribellioni, rivoluzioni e
riforme tese a costruire un moderno Stato europeo. La storia la unisce al nostro
continente, ma questo non rende certo pi facili i negoziati di oggi.
In seguito all'apertura commerciale e al
processo di modernizzazione il Governo di Pechino ora si vede lottare contro
ideali democratici provenienti dall'interno e dall'esterno del paese.
Energia
Stiamo entrando nella seconda metà
dell'era del petrolio, che sarà caratterizzata dal declino degli
approvvigionamenti. Potrebbe essere la fine dell'economia come la conosciamo
oggi ma fare previsioni è impossibile, perchè sarà la prima volta che
una risorsa cruciale esaurirà .
Dopo l'intervento sulle colonne del "Financial Times Deutschland" del Cancelliere tedesco che ha sancito la "fine di un tabu'" (titola il Foglio) criticando la doppia "linea rossa" del 3% (deficit) e 60% (debito), si sono create opinioni e schieramenti creati nell'assenza del principio del bene unitario. Tutti, soprattutto la Francia, propongono modifiche ai parametri che sanciscano un proprio vantaggio economico nei confronti degli altri e come nel caso Iraq, l'Europa si divide. Ma perche' cambiare il patto solo ora? Ci voleva il consenso di Francia e Germania? Tutto questo sembra inosservato e passerà come tale.
Dal punto di vista economico, le modifiche dei parametri del patto sono un passo decisivo per il risveglio Europeo. La stabilita' sfavorisce la crescita. La crescita nel lungo periodo porta stabilita'.
Articolo molto dettagliato sul possibile accordo Russia-Cina per la costruzione di un oleodotto con il fine di fornire le imprese cinesi del settentrione. Il progetto si potrebbe estendere nel pacifico, India, Corea del Sud, Giappone, da escludere Usa.
Dopo la sorpresa con la quale all'inizio dell'anno si era assistito ad un rimbalzo del dollaro nei confronti dell'euro (GRAFICO), il mercato è tornato a confermare i valori che meglio descrivevano l'andamento di diversi mesi, vale a dire il dollaro debole. Anche se è da sottolineare che la fluttuazione, avvenuta nelle precedenti settimane, ha effettivamente consolidato le basi per un possibile cambiamento del trend in corso tra le due valute che certo non favorirebbe gli USA (scenario improbabile che avverrebbe solo nel caso di uno sfondamento sotto il supporto di 1,29, ora mobile in un range tra 1,30 e 1,32.).
A dettare un ridimensionamento del "biglietto verde" sono stati i dati a sfavore degli States provenienti dai continenti interessati. Dalla dichiarazione del capoeconomista della BCE, Otmar Issing, che ha sostenuto che il processo di aggiustamento a carico dell'euro è terminato, andando anche oltre alle aspettative, ai sorprendenti dati riguardanti le importazioni, salite in un mese dell'1,3% e le esportazioni che hanno registrato un calo del 2,3%. Pertanto una simile disfatta della politica economica del dollaro debole, fortemente voluta da Alan Greenspan per aumentare le esportazioni, viene chiarita da un problema irrisolto nel versante asiatico.
Il regime di cambio fisso dello yen è l'ipotesi nella bocca di tutti, ma sia Cina che Giappone rappresentano un contrarietà al riequilibrio della bilancia commerciale Usa. Il caso Japan molto particolare è caratterizzato da una situazione deflazionistica che rende sempre più conveniente, con il passare degli anni, il mercato nipponico (ciò gia si osserva nel settore automobilistico). Il vantaggioso binomio "cambio-livello dei prezzi" presente in Asia rappresenta una barriera quasi insormontabile; di fatto ne rappresenta una delle più grandi fragilità delle attuali economie occidentali che si vedono costretti ad dibattere possibili "cavalli di Troia" pur di evitare una flessione protezionistica (ormai l'ultima spiaggia) finalizzata solamente ai mercati orientali. A peggiorare la situazione sembra aggiungersi, oltre l'elevato disavanzo commerciale che ammontava a novembre a 60,3 miliardi di dollari, l'assenza di risparmio nelle famiglie; conseguenza del fatto che gli statunitensi continuano a consumare più di quanto producono.
I mercati non sembrano affatto preoccupati delle possibili conseguenze del fenomeno, e non tendono a considerare le sfide che l'economia mondiale dovrà fronteggiare nel 2005. Percepito il letargo europeo, privo di segnali favorevoli, è evidente che si aspetti una reazione americana che faccia da traino al vecchio continente. L'amministrazione Bush ha rassicurato i mercati sia sul fronte dei disavanzi che sul fronte valutario strettamente al primo connesso. Il ministro Usa del Tesoro, John Snow, da una chiave interpretativa ottimistica, negando ogni ragionevole evidenza:
< ...i continui incrementi della bilancia commerciale sono un segnale della crescente prosperità degli americani........ e riflette anzitutto la forza dell'economia americana.>
Uno strumento manovrabile dalla Fed, del meno ottimista Greenspan, può essere di risposta, di attrazione per gli investitori esteri. L'arrivo di capitali, considerato come fattore sostitutivo alla carenza di risparmio delle famiglie americane, può attivare quel processo di risanamento in una economia estremamente flessibile. Questo elemento è alla base dell'ipotesi, che troverebbe crescenti consensi, relativa alla possibilità che la Federal Reserve possa irrigidire la manovra di innalzamento dei tassi di interesse già in occasione del Fomc (Federal Open Market Committee - organo decisionale in materia monetaria) che si riunirà il primo febbraio.
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