Un'ampia visione di inflazione
Caligs ║ sabato, novembre 05, 2005 ║ Permalink ║ 20 comments
In risposta ai commenti di Rebus e Pietro sul post: La Bce preferisce attendere.L’interpretazione e l’atteggiamento della Bce restano per me corretti. Di questi tempi mi sembra logico e giusto trasferire le priorità di politica monetaria dall’analisi dei tassi di interesse allo studio approfondito dei due tipi di inflazione da me citati nell’ultimo post. L’impegno istituzionale di inflation targeting della Bce come perno per garantire stabilità può essere a volte frainteso se osservato e applicato solo in chiave macroeconomica. Difatti molti vedono l’impegno di una Banca Centrale verso l’inflazione come una contraddizione all’espansione economica, come sta accadendo oggi. Non è così.
Se nello scenario odierno provassimo ad applicare alla variabile inflazione, un tasso del 3% (come desidererebbero Pietro e Rebus), potremo verificare attraverso l’analisi intermarkets e la sua interpolazione con il mercato finanziario, con la microeconomia e la finanza aziendale che un aumento dell’inflazione può provocare i medesimi effetti di un aumento dei tassi di interesse in molti campi.
L’esempio più efficace e di più semplice trascrizione è quello nei mercati finanziari. L’inflazione difatti è uno degli elementi più importati, insieme ai tassi di interesse, per determinare il rendimento atteso di un titolo azionario e correlativamente di un progetto di investimento di un’azienda alla ricerca di finanziamenti.
Bassi tassi di interesse possono essere di aiuto a aziende per finanziare i propri progetti soprattutto quelli più innovativi ma di certo d’altra parte al finanziatore occorre come premio un buon rendimento atteso da parte degli strumenti finanziari emessi dalla stessa impresa (azioni, obbligazioni, ecc.) Purtroppo il rendimento atteso che aspetta al finanziatore sarà proporzionale al rischio presente sul mercato che include come elemento l’inflazione attesa.
Un esempio lo ritroviamo nella teoria di Roll e Ross: l’Arbitrage Pricing Theory. Richard e Steven nella dimostrazione assumono che il rendimento di ogni azione o portafoglio dipenda in parte da fenomeni macroeconomici, tra cui l’inflazione e i tassi d’interesse, e in parte da fenomeni di disturbo, eventi specifici dell’impresa. Per ogni azione o portafoglio detenuto ci sono due fonti di rischio. La prima è costituita dai fattori macroeconomici che non possono essere eliminati con la teoria di diversificazione del portafoglio finanziario. La seconda è costituita dai rischi che derivano da possibili eventi che influenzano in modo specifico la singola impresa.
Da cio si può facilmente intuire che i mercati finanziari sono molto sensibili ad una variazione dell’inflazione attesa e anche se in misura diversa (dipende dall’entità della variazione) può portare alla medesima ripercussione di una stretta monetaria. Bisogna prestare molta attenzione, il ruolo della Bce e la sua politica monetaria sono fondamentali per garantire stabilità ed espansione. La politica monetaria è un emotivo gioco tra numerosi equilibri.
20 Comments:
Spero di non aver dato l'impressione, in poche righe, nel mio precedente commento di credere che il commitment della banca centrale al contenimento dell'inflazione nel medio periodo sia di ostacolo alla crescita economica.
Al contrario sono del parere che la crescita di lungo periodo sia determinata da variabili reali innanzitutto e che sia l'offerta a giocare un ruolo determinante in questo.
Da convinto sostenitore della dicotomia classica, non posso che riconoscere invece l'importanza della politica monetaria nella guida del ciclo econonomico, nello stimolo alla domanda almeno nel breve/medio termine e, soprattutto, nella stabilizzazione dei mercati monetari e finanziari, oltreche` nell'ancoramento delle aspettative sulla crescita dei prezzi.
Pur non essendo completamente convinto del fatto che la politica della BCE sia basata sul targeting dell'inflazione in senso stretto (si potrebbe parlare invece di un sistema ibrido, dove comunque l'obiettivo inflazione ha un ruolo notevole) - il quasi sistematico non raggiungimento dell'obiettivo del 2% praticamente dalla nascita dell'unione monetaria sta a dimostrarlo - concordo invece con te riguardo all'obiettivo della stabilita` come fine principale del banchiere.
Il chiarimento recente (penso si riferisca a poco piu` di un anno fa) presentato dalla BCE riguardo al suo obiettivo in termini di inflazione parla di un tasso si` compreso tra 0 e 2, ma molto piu` vicino al 2 (e` evidente il tentativo di evitare a priori eventuali pericoli di deflazione, tenendo anche conto la bassa propensione strutturale dell'economia europea a crescere).
Quello che mi premeva dire parlando di un eventuale tasso al 3% e` la seguente cosa: tale livello dovrebbe essere considerato il tetto massimo, in primo luogo. Vari studi hanno concluso che in sistemi ad inflation targeting puro, dove e` stata stabilita una banda per il tasso di inflazione (e non un obiettivo puntuale), le aspettative tendono ad ancorarsi al centro dell'intervallo. A mio parere, nel caso della BCE, una banda 1-3 % ed un inflation targeting piu` marcato potrebbe agevolare la ripresa economica mantenendo in teoria l'inflazione mediamente al 2%. Resta comunque il fatto che la BCE stia comunque facendo bene il suo lavoro (se si esclude il caro petrolio, che ovviamente, pero`, non dipende dalla sua politica), dati gli obiettivi imposti dallo statuto e muovendosi con accortezza nei margini di discrezionalita` consentiti.
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