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La Bce preferisce attendere

     Caligs  venerdì, novembre 04, 2005 Permalink 2 comments

Il presidente Trichet ha illustrato oggi in occasione della consueta riunione di inizio mese la posizione della Bce e la sua politica monetaria, confermando il suo ruolo da osservatrice non interventista. I tassi di interesse quindi rimangono in Europa al 2%, mentre oltreoceano la Fed sembrerebbe aver terminato la sua stretta monetaria portando martedi scorso i tassi al 4%.

Nella conferenza stampa si è più o meno ribadito quanto detto un mese fa ad Atene. La Bce è pronta ad agire con una stretta monetaria ma tutto dipenderà dall’andamento dell’economia e dal livello inflativo presente nel continente. In questo momento i tassi sono ad un livello appropriato, ma è evidente che l’aumento del prezzo del petrolio si è ormai trasferito sull’inflazione ( 2,5% in Europa) che a sua volta scavalca l’obiettivo della Bce di un’inflazione sotto il 2%. La Bce comunque prende tempo evidenziando come bisogna fare differenza tra un’inflazione derivante esclusivamente dall’aumento del prezzo del petrolio da un’inflazione invece più radicata che oggi appare contenuta.
“Sulla base delle nostre analisi, tenendo conto della crescente pressione sui prezzi originata dagli sviluppi sui prezzi energetici, abbiamo concluso che la politica monetaria rimane ancora appropriata. Di conseguenza abbiamo deciso di lasciare invariati i tassi di interesse ma voglio chiarire che la banca centrale europea è pronta a muoversi sui tassi di interesse in qualsiasi momento e che non stiamo promettendo a nessuno che non lo farà. Voglio anche aggiungere che la Bce deve vigilare fortemente sull’andamento dell’inflazione a causa delle pressioni al rialzo sul costo della vita dovute al caro petrolio. Secondo le ultime indicazioni l’attività economica si sta attualmente rafforzando e ciò è in linea con le previsioni di settembre che indicavano una graduale ripresa a partire della seconda metà del 2005 in avanti. Lo scenario per l’andamento congiunturale rimane soggetto a rischi al ribasso a causa dell’andamento dei prezzi petroliferi. Riguardo allo sviluppo sul fronte dei prezzi le recenti crescite dei prezzi energetici hanno spinto l’inflazione su livelli superiori al 2% e probabilmente l’inflazione resterà elevata nel medio termine, non vi sono però grandi segnali di crescenti pressioni inflazionistiche nell’area euro, rimaniamo comunque preoccupati per i rischi nel medio termine che riguardano l’incertezza circa gli sviluppi sul mercato del petrolio. Per ciò che riguarda le politiche di bilancio le prospettive dei paesi in situazione di deficit eccessivo sono fonte di grande preoccupazione e c’è il rischio che gli obiettivi di risanamento per quest’anno e il prossimo non verranno centrati.”
Il messaggio di Trichet è chiaro: se non ci fossero le tensioni, le incognite e i rischi derivanti dai prezzi del petrolio non vi sarebbe un problema di inflazione in Europa e non ci sarebbero nemmeno dubbi su una crescita dell’area Euro che oggi appare rafforzata. Di conseguenza, in assenza del boom del prezzo del greggio non ci sarebbero stati dilemmi sul costo del denaro.
A Francoforte sembrano ormai costretti a muoversi, lo faranno però appena si avrà una sicurezza sul fronte della crescita economica. E’ evidente che la Bce si trova all’orlo di una svolta in una situazione di disagio, con un tasso di interesse al 2%, con alcuni segnali di ripresa economica e soprattutto in un momento in cui la liquidità è abbondante e vi è un aumento del credito nel settore privato.

2 Comments:

  At 6:23 PM, Anonymous Anonimo said...

Personalmente concordo con l'interpretazione della BCE, almeno in questo frangente. E` pur vero che l'obiettivo di medio periodo non e` stato conseguito ultimamente, ma e` anche realta` l'osservazione portata avanti sugli effetti del prezzo del petrolio.

E` chiaro che lo statuto della BCE impone un tipo di politica monetaria conservatrice in relazione alla crescita dei prezzi, tuttavia mi sento di affermare che la posizione ufficiale del nostro banchiere centrale andrebbe rivista prima o poi. In merito all'inflazione infatti, un tasso anche del 3% non sarebbe la fine del mondo, sarebbe ancora considerato virtuoso dalla maggior parte degli addetti ai lavori e consentirebbe di non soffocare sul nascere qualsiasi tentativo di ripresa, pur non strutturale e proveniente principalemente dal lato della domanda aggregata.

 

  At 9:49 PM, Anonymous Anonimo said...

Ormai la posizione e l'atteggiamento della BCE sono noti a tutti. L'attendismo confermato dall'ultima riunione non e' una sorpresa. La BCE ha progressivamente conquistato credibilita' sui mercati finanziari e, quindi, criticarne troppo la strategia sarebbe irriguardoso da parte mia. Euro forte ed inflazione relativamente contenuta (concordo con rebus che un'inflazione al 3% non sarebbe un dramma per nessuno) implicano che la BCE sta facendo bene.

Ma voglio provare a fare un ragionamento un po' piu' estremo. Sembra che la BCE sia attendista solo perche' vede la crescita all'orizzonte e non vuole fare nulla per prevenirla. A me questa posizione appare superata. In Europa oggi, per come stanno le cose, la crescita economica non dipendera' dalle politiche monetarie adottate. Le recenti difficolta' di crescita del sistema europa sono legate a problemi strutturali quali l'assenza di mobilita dei fattori produttivi, i sistemi di welfare "pesanti", la scarsa attenzione all'innovazione da parte del sistema industriale e la scarsa proponsione al rischio di un sistema bancario ingessato. In un simile contesto, un rialzo di mezzo punto dei tassi non cambierebbe nulla in termini di crescita (al piu' puo' spostare qualche decimale).

Allora mi chiedo se la BCE non avesse fatto meglio ad alzare i tassi oggi. Secondo me tassi troppo bassi spingono ad un accumulo improduttivo di liquidita'. E' vero che eccesso di liquidita' oggi significa inflazione domani. Ma non e' quello che mi preoccupa. Con tassi bassi il risparmio viene utilizzato per finanziare i consumi delle famiglie e per finanziare progetti di investimento delle imprese spesso a basso contenuto innovativo. Mi sembra che questo "spreco" di risorse sia molto piu' problematico del rischio di inflazione.

ciao

Pietro

 

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