Finanziaria:ora arriva il bello
Caligs ║ mercoledì, ottobre 12, 2005 ║ Permalink ║ 0 comments
La finanziaria per il 2006 è stata presentata nei tempi previsti grazie soprattutto al tour de force del ministro Tremonti ma i tempi stretti e le difficili condizioni nelle quali è stata disegnata non hanno permesso di chiarire tutti i dettagli della manovra.Sicuramente questa Finanziaria ha il pregio di non aver ceduto all’uso di una finanza creativa e di misure una tantum come il condono fiscale per cercare di contenere il disavanzo e rispettare gli impegni presi con Bruxelles: gli interventi per lo sviluppo, per esempio, non sono poi così generosi per un anno elettorale e la manovra non garantirà grossi risparmi per le imprese né cambierà significativamente la situazione finanziaria delle famiglie.
Il vero problema è che al momento rimangono incertezze sia sull’efficacia delle misure di copertura proposte, sia sullo stato dei conti rispetto al quale vengono effettuati i tagli; perciò molti osservatori hanno già espresso dubbi sul target per il 2006. La più semplice delle analisi può essere fatta attraverso la visualizzazione delle principali misure sul fronte della spesa e delle entrate previste dal disegno di legge.
Uno degli elementi principali di cui la manovra deve tenere conto è il dato tendenziale del deficit di bilancio. Nel Dpef 2006-2009 e nella Relazione Previsionale e Programmatica il governo stima al 4,7% del Pil il disavanzo 2006. Le stime del Fmi, in linea con quelle di molti istituti bancari italiani, collocano invece il tendenziale intorno al 5,1% del Pil, in quanto scontano un tasso di crescita dei consumi intermedi ed in particolare di stipendi e spese sanitarie più elevati di quanto indicato dalle proiezioni del governo. Se le cose stanno così anche assumendo che le misure introdotte dalla finanziaria producano tagli strutturali per 11,5 miliardi di euro difficilmente il deficit scenderà al di sotto del 4%.
Una manovra da 19 miliardi, 3,5 per lo sviluppo
Tra le maggiori entrate e minori spese il disegno di legge prevede quindi risorse per 19 miliardi di euro, che dovrebbero coprire la riduzione del disavanzo per 11,5 miliardi, maggiori spese per 4,5 miliardi e la manovra per lo sviluppo per 3,5 miliardi.
Alle famiglie andranno 1,3 miliardi (la tipologia dell’erogazione è ancora aleatoria). Alle imprese vengono promessi 2 miliardi a riduzione degli oneri retributivi. Minori introiti per circa 40 milioni derivano dall’abrogazione dell’imposta sui brevetti che rappresenta la principale misura volta a stimolare l’innovazione. Contiamo inoltre il costo, 50 milioni, degli interventi a favore dei distretti industriali.
Tagli al Bilancio per 9,1 mld.
Sul fronte della spesa, il disegno di legge prevede tagli al bilancio dello Stato per 9,1 miliardi euro. Risparmi che dovrebbero essere garantiti tramite una riduzione della spesa corrente per circa 6,1 miliardi di euro e da investimenti pubblici non superiori al 95% del valore del 2004 ( circa 3 miliardi ). La parte più consistente dei tagli alla spesa corrente dovrebbe venire da minori spese dei ministeri. Per la sola Sanità si prevedono tagli per 2,5 miliardi di euro, ma l’efficacia di tale risparmio è ancora una volta condizionale alla stima del fabbisogno tendenziale, che potrebbe aggirarsi su di un livello superiore ai 96 miliardi stimato dal governo. All’incirca 1,6 miliardi dovrebbero venire da tagli ai consumi intermedi e principalmente da minori trasferimenti alle imprese sia pubbliche che private. Ulteriori minori spese dovrebbero essere garantiti tramite un taglio al pubblico impiego per 0,98 miliardi di euro tra inferiori stipendi per ministri, parlamentari e altre cariche e limitazioni sulle assunzioni a tempo determinato.
L’obiettivo di razionalizzazione della spesa è indubbiamente rispettabile, anche se rimane incerto che tagli per 2,5 miliardi a consumi intermedi e redditi da lavoro siano effettivamente realizzabili, dal momento che già il vincolo della crescita nominale non superiore al 2% risulta di difficile conseguimento. È inoltre probabile che in un anno elettorale il rischio di evitare tale target sia ancor più elevato.
La Finanziaria prevede inoltre minori trasferimenti agli Enti Locali per 3,1 miliardi, che mi auguro sia applicato con piena efficacia dall’amministrazioni destinatarie. Il rischio che tale risparmio torni per altra forma nel computo del deficit è però alto. Di fatti, è già stato sollevato il dubbio che in un anno di transizione politica gli Enti Locali possano ricorrere ad escamotages per aggirare la stretta, sperando poi in una sorta sanatoria con l’aiuto del nuovo esecutivo.
Sembra esserci un’incognita ancora grande sul fronte delle maggiori entrate stimate a 6,8 miliardi di euro. La Finanziaria prevede un incasso di 0,8 miliardi dalla tassa sulle reti SNAM e Terna, incasso in parte dubbio vista la minaccia di ricorso per illegittimità da parte delle società interessate. Vi si aggiungono circa 0,3 miliardi dalla lotta all’evasione, per esperienza di incerta realizzazione. Compaiono quindi circa 2 miliardi tra rivalutazione dei cespiti d’impresa (0,9 miliardi) e svalutazione dei crediti bancari (1,1 miliardi) che sembrano gli interventi di più sicuro risultato. Mancano all’appello circa 3,7 miliardi: per quanto si è capito, di questi circa 0,6 miliardi dovrebbero venire dai proventi dei giochi e 2,2 miliardi dalla regolazione dei flussi di Tesoreria, non è ancora chiaro come sarà reperito il restante miliardo.
Dove arriveremo?
L’analisi e la scarsità di informazioni sui dettagli della Finanziaria 2006 ci fanno restare con i piedi a terra ipotizzando che il deficit 2006 sarà più vicino al 5% che non al 4%. Ciò significa che anche la dinamica del debito sarà prevalentemente di segno negativo. Assumendo per il disavanzo lo scenario peggiore, infatti, per stabilizzare il debito al 108,3% del PIL stimato nel 2005 servirebbero circa 15 miliardi in privatizzazioni, un obiettivo tutt’altro che facile. Non è escluso che si salga al 109% del Pil.
Successivamente il collasso del Patto di Stabilità, i dati macroeconomici di recessione e la perdita di credibilità delle istituzioni, la moneta unica sta offrendo un’impagabile protezione all’economia e al debito pubblico italiano dal giudizio severo dei mercati. Ritardare l’aggiustamento della finanza pubblica potrebbe però avere ulteriori effetti negativi sulla credibilità del Paese. Inoltre, le agenzie di rating Fitch e S&P hanno rivisto l’outlook per l’ Italia da stabile a negativo tra giugno e luglio. Entrambe le agenzie si sono espresse, a seguito delle dimissioni di Siniscalco, sulla necessità per l’Italia di ridurre il debito. Se l’Italia dovesse fallire nell’obiettivo di ricondurre il disavanzo su di un sentiero discendente si profilerebbe il rischio di un downgrade (attualmente: AA- per S&P e AA per Fitch).
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