Global Competitiveness Report 2005-2006
Caligs ║ giovedì, settembre 29, 2005 ║ Permalink ║ 3 comments
L'indagine annuale del World Economic Forum (Wef), giunta alla 26esima edizione, è il risultato di una combina di dati e indicatori macroeconomici concreti a indagini valutative che coinvolgono ogni anno circa 11.000 manager e imprenditori di tutto il mondo, tramite una rete di istituti partner.L'Italia nel 2005 resta inchiodata al 47esimo posto su 117 in questa graduatoria mondiale della competitività (Global Competitiveness Report 2005-2006), registrando lo stesso modesto piazzamento al quale era crollata un anno fa, poco prima del Botswana e ben lontano da tutte le economie più avanzate. (qui la classifica)
Dopo 12 mesi di analisi, di scelte strategiche, di discussioni sulla competitività, la performance del nostro paese si ritinge di ridicolo, non riuscendo a guadagnare nemmeno un gradino. Per motivare la pagella italiana, il Wef dedica un’intera parte del rapporto illustrando i fattori che hanno inciso nella valutazione. Secondo il Wef hanno pesato:
- le vicende delle tentate acquisizioni di alcune banche italiane da parte di banche estere.
- Il deterioramento dei conti pubblici e una crescita economica sottotono.
- Il debito pubblico.
- L’impatto dei dati sul crimine organizzato.
- Le condizioni di assunzione e licenziamento.
Considerando questi elementi siamo umilmente al di sotto degli Emigrati Arabi, il Qatar, la Malaysia, il Bahrein, la Tunisia, la Giordania e la Grecia.
Sul fronte tecnologico, l’Italia risulta 44essima, guadagnando un ulteriore insuccesso. L’impiego del personal computer nelle aziende, difatti, è inferiore a quello nella Corea, Repubblica Slovacca e Grecia. Anche nell’utilizzo di internet l’Italia viene scavalcata dal Singapore, Taiwan e Corea.
Particolarmente preoccupanti, rivela il documento, sono la mancanza di indipendenza del sistema giudiziario e la percezione che il governo favorisca imprese e individui.
“E' difficile essere competitivi in un sistema che combina un'inefficienza cronica ad una pesante pressione fiscale, in cui nei rapporti con l'impresa la pubblica amministrazione opera favoritismi verso imprese e individui determinati, in cui i lavoratori italiani sono tra i più pagati e i più protetti al mondo". Riconosce Irene Mia, economista del Wef.In cima alla graduatoria mondiale non è cambiato nulla: prima la Finlandia, seguita da Usa, Svezia e via via una serie di Paesi del nord Europa o dell'Asia, che - all'opposto dell'Italia - vantano pubbliche amministrazioni efficienti e una fortissima propensione all'innovazione. Il bel Paese, avverte lo studio, ha anche "urgente bisogno di un aggiustamento fiscale", con l'invecchiamento che minaccia la sostenibilità del suo sistema pensionistico.
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