Un Dpef sincero, ma non risolutore
Caligs ║ venerdì, luglio 22, 2005 ║ Permalink ║ 2 comments
Il giorno successivo la pubblicazione del Dpef 2005-2008 è insolito vedere i quotidiani dedicare le proprie colonne a scalate bancarie, giustizia ed immigrazione. Anche perché si tratta di un documento di programmazione che interesserà i prossimi 4 anni e contribuirà a dare origine alla finanziaria 2006. Probabilmente nessuno ne parla perché in quest’ultima settimana si era già largamente anticipato il tutto, o forse perché è stato redatto da un governo che tra meno di un anno si scioglierà, screditandone così la sua sopravvivenza.Di certo chi attendeva un onesto resoconto e una precisa descrizione dell’attuale scenario non è rimasto deluso. Infatti, il Dpef 2005-2008, è stato scritto con realismo e senza ipocrisie, senza scaricare colpe (come ritenevano molti scettici) sui governi precedenti.
Il suo miglior pregio è quello di riconoscere fra le quattro cause della lenta o nulla crescita da esso descritte, anche e soprattutto l’eccessivo peso del debito pubblico, collocato sequenzialmente al quarto posto, dopo la scarsa dinamica della produttività del settore industriale, l’insufficiente liberazione nel settore energetico e dei servizi, la carente dotazione di infrastrutture materiali e immateriali.
Il quadro programmatico del Dpef prevede una discesa del debito pubblico, in rapporto al Pil, dal 108,2% di fine 2005, al 100,9% di fine 2009. Ma poiché nel frattempo il Pil è aumentato, questo 100,9% vuol dire 200miliardi di più di indebitamenti, nell’arco del quadriennio. Non una cosa da nulla. Avvicinandoci così a quota 1700 miliardi, pari a quasi tutto il patrimonio dello Stato, “spiagge” e opere d’arte comprese.
Se questo Dpef da una parte di può definire onesto e senza peli sulla lingua, dall’altra si può considerare privo di slancio per il futuro. Descrive molto bene lo scenario italiano ma non propone efficaci manovre per dissolvere i problemi presenti nel sistema.
I professori Tito Boeri e Massimo Bordignon attraverso lavoce.info (che dedica un ampio spazio all'argomento) lo definiscono un Dpef da depressione… psicologica.
" Questo Dpef dovrebbe essere vietato ai deboli di cuore. Mette addosso una tristezza infinita..... .....Guardando in avanti, il quadro è fosco e opaco a dir poco. Se ci va bene, finiremo con il 4,3 per cento di disavanzo nel 2005; a bocce ferme, e pur assumendo una crescita a tassi sconosciuti negli ultimi anni (1,5 per cento) per i prossimi cinque, riduzioni del personale della PA di circa mezzo punto percentuale all’anno (con una incomprensibile diminuzione della spesa di 3,5 miliardi nel 2006), e ignorando il dirottamento ai fondi pensione del Tfr maturando per i pubblici dipendenti, siamo destinati a veder crescere il nostro debito pubblico, ridurre il saldo primario a zero, e ad avere un disavanzo vicino al 5 per cento del Pil. Il Governo che verrà dovrà perciò lanciarsi da subito in un’operazione di consolidamento strutturale del bilancio tra i due e i tre punti di Pil. Certo, il miglioramento dei conti pubblici può essere ottenuto anche rilanciando la crescita. Alcune delle riforme lasciate ai posteri da questo Dpef possono aiutare. Ma è lo stesso documento a non offrire grandi speranze. Comparando programmatico e tendenziale, si evince che queste riforme pagano, al massimo, uno 0,1-0,2 per cento di Pil. E molte di queste riforme sono politicamente (se non fiscalmente, come nel caso delle opere pubbliche) costose. Perché mai il prossimo Governo dovrebbe dannarsi l’anima per un misero decimale di Pil in più? Di qui la depressione. Quella psicologica, prima ancora che economica, che accompagna la lettura."
2 Comments:
Bel post!
Posso citarlo su RadioAlzoZero.net nella trasmissione di oggi?
Grazie, ciao,
Valerio
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